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Tutto Quello che Avreste Voluto Sapere Sulla Crisi dei Legacy Media

Creato il 18 giugno 2015 da Pedroelrey

Dopo aver com­ple­tato il primo giro di ana­lisi e appro­fon­di­menti sui prin­ci­pali cin­que gruppi edi­to­riali quo­tati in borsa e pro­prie­tari di almeno un quo­ti­diano [Rcs media­group, Gruppo Espresso, Gruppo 24 Ore, Cal­ta­gi­rone Edi­tore e Poli­gra­fici Edi­tore] con focus mono­gra­fici diamo uno sguardo d’insieme  aggre­gando un po’ di dati per cer­care di capire l’andamento gene­rale di que­sto cam­pione di aziende edi­to­riali fon­da­men­tale per l’informazione in Italia.

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Ricavi

Come abbiamo visto per quasi tutti i sin­goli gruppi anche l’andamento della para­bola dise­gnata dal dato aggre­gato dei fat­tu­rati vede i ricavi cre­scere fino al 2007 per poi scen­dere in pic­chiata. Quindi sì, doves­simo dare una data dell’inizio della crisi sarebbe pro­prio il 2007 anno di svolta per l’andamento degli edi­tori ita­liani. Ed è una svolta che dà il via a una crisi vera, senza se e senza ma, la peg­giore subita dall’editoria ita­liana visto che tra i quasi 5 miliardi di euro che rap­pre­sen­tano il ver­tice del gra­fico del fat­tu­rato e i 2,6 miliardi del 2014 si deve regi­strare un –2,39 miliardi di euro che rap­pre­sen­tano una fles­sione del 48%. Ovvero in solo otto annua­lità si è, di fatto, dimez­zato il valore com­ples­sivo dei fat­tu­rati dei cin­que gruppi.

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Guar­dando al dif­fe­ren­ziale anno su anno l’annus hor­ri­bi­lis è stato il 2009 con una fles­sione secca sul 2008 di 730 milioni. Ana­liz­zando invece le sin­gole voci di ricavo si nota con molta evi­denza che il sistema dei ricavi è ancora sal­da­mente anco­rato sulla cop­pia diffusionale/pubblicità. Poco importa che que­sto sistema abbia evi­den­ziato tutti i pro­pri limiti, la com­po­si­zione delle sin­gole voci di ricavo nelle ultime cin­que annua­lità non cam­bia se non per spo­sta­menti mil­li­me­trici: gli “altri ricavi” fissi per tutti i cin­que anni al 14% del totale mostrano la scar­sis­sima incli­na­zione [inca­pa­cità?] nel diver­si­fi­care i ser­vizi e a non pen­sare “il gior­nale” come unico pro­dotto del pro­prio lavoro, come fanno la mag­gior parte degli edi­tori inter­na­zio­nali. Insomma l’organizzazione del sistema dei ricavi dei prin­ci­pali edi­tori ita­liani in balia della decre­scita [non felice] risulta mono­li­tica, immo­bile e imper­mea­bile al cam­bia­mento, nono­stante là fuori nel mondo dell’informazione quasi tutto sia cam­biato. Auguri!

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Digi­tale

Nono­stante il man­tra di docu­menti pro­gram­ma­tici e piani di svi­luppo di tutti i gruppi sia “rifo­ca­liz­zarsi sul digi­tale” nel con­creto il dato aggre­gato dei ricavi da digi­tale com­ples­sivi dopo una prima fase di cre­scita [ine­vi­ta­bile, va detto, visto che si par­tiva da zero] dopo una prima acce­le­rata durata tre annua­lità, nel 2013 pur in cre­scita sem­bra già in fre­nata e nel 2014 vede già una decre­scita rispetto all’anno pre­ce­dente. Dal 2010 [anno in cui l’indicazione dei ricavi da digi­tale appare con con­ti­nuità nei diversi docu­menti di bilan­cio] al 2012 i ricavi com­ples­sivi pas­sano dai 245 milioni di euro ai 330 milioni con tessi di cre­scita a dop­pia cifra, poi nel 2013 la cre­scita scende al 4% su anno pre­ce­dente e ne 2014 si regi­stra una fles­sione dell’11%. Nel com­plesso dei dati aggre­gati comun­que i ricavi da digi­tale sono pas­sati dal 6,8% dei ricavi totali del 2010 al 14,3% del 2013 per scen­dere al 13,8% del 2014. Insomma non esat­ta­mente quello che ci si potrebbe aspet­tare in que­sta fase sto­rica nella quale biso­gne­rebbe già dare per acqui­site deter­mi­nate quote di cre­scita dall’online e affron­tare seria­mente la mone­tiz­za­zione del traf­fico da mobile.

[Nota: i dati aggre­gati su digi­tale sono rela­tivi solo ai tre mag­giori gruppi Rcs Media­group, Gruppo Espresso e Gruppo 24 Ore per la sem­plice ragione che sono gli unici a indi­carli chia­ra­mente nei bilanci. D’altronde come già rile­vato negli altri gruppi la quota di ricavi da digi­tale è per loro stessa ammis­sione ad oggi del tutto mar­gi­nale, e comun­que va ricor­dato che i due gruppi Cal­ta­gi­rone e Poli­gra­fici rap­pre­sen­tano solo il 15% del fat­tu­rato totale.]

Taglio ai costi

Chi ha tagliato di più? Se guar­diamo alle ultime cin­que annua­lità in pro­por­zione indub­bia­mente il gruppo 24 Ore che, nono­stante sia per valore del fat­tu­rato il terzo dei cin­que edi­tori presi in con­si­de­ra­zione, in per­cen­tuale per quanto riguarda i costi gene­rali [-34%] è secondo solo a Rcs [che ne ha tagliati per il 40%] ed è primo per quanto riguarda il taglio dei costi del lavoro [-45%] e del per­so­nale [-42%]. Nel com­plesso di tutti i gruppi i costi sono dimi­nuiti di 1,2 miliardi di euro (i ricavi, lo ricor­diamo, sono dimi­nuiti nello stesso periodo di 1,5 miliardi), men­tre il costo del lavoro è com­ples­si­va­mente dimi­nuito di 776 milioni nei cin­que anni [di cui 275 milioni solo nel 2014].

Per quanto riguarda il taglio del per­so­nale dal 2010 al 2014 gli orga­nici medi sono dimi­nuiti di quasi 4mila dipen­denti [3.993 per la pre­ci­sione], pas­sando dalle 13.375 unità alle 9.382 dello scorso anno. Pro­prio nel 2014 è stato com­ples­si­va­mente fatto il taglio più con­si­stente: 1.173 dipen­denti in meno. I gior­na­li­sti nel mede­simo periodo hanno subito un taglio di 586 unità [197 nel 2013, 161 nel 2014] facen­dosi carico del 15% del taglio com­ples­sivo dei dipen­denti nei cin­que gruppi editoriali.

Guar­dando ai costi medi fac­ciamo ancora una volta notare come ai costanti tagli sia di costi del lavoro che di dipen­denti non cor­ri­sponda un anda­mento altret­tanto costante. In alcuni gruppi rile­viamo addi­rit­tura degli aumenti del costo medio segno evi­dente che il taglio in pro­por­zione si è abbat­tuto molto di più sul costo del lavoro che non sul numero dei dipendenti.

Le nostre conclusioni

Se cer­ta­mente non si tratta di una situa­zione sem­plice, come dimo­strano anche i dati a livello inter­na­zio­nale, che l’industria dell’informazione nostrana abbia sin­tomi evi­denti di incan­cre­ni­mento è più di una sensazione.

Se si guarda a tutti i flop digi­tali di RCS, costati 66 milioni di euro solo nel 2014, alle idee sbal­late del numero uno della Poli­gra­fici Edi­to­riale, ed anche alla mala gestione della for­ma­zione obbli­ga­to­ria dei gior­na­li­sti e alle “spa­rate” della FIEG, tanto per citare alcuni dei mille pos­si­bili esempi, ci si rende conto di quanto e come si tratti di un sistema che di indu­striale e di mana­ge­riale ha dav­vero poco.

Si è ope­rato in que­sti anni sul taglio dei costi ma, ad oggi, poco o nulla è stato fatto sul fronte dei ricavi. I tagli occu­pa­zio­nali non hanno avuto un dise­gno pre­ciso in ter­mini di rior­ga­niz­za­zione del lavoro e di ristrut­tu­ra­zione orga­niz­za­tiva, sono stati solo gestione emer­gen­ziale e nulla più.

La ver­sione car­ta­cea dei quo­ti­diani, che rap­pre­senta ancora oggi il grosso dei ricavi come dimo­strano, anche, le nostre ana­lisi, non ha avuto la giu­sta atten­zione da dedi­care a quella che è la cash cow della stampa. L’informatizzazione delle edi­cole lan­gue in una legge disat­tesa da ormai tre anni alla quale era legata sia l’area di finan­zia­mento pub­blico ai gior­nali che i bene­fici di razio­na­liz­za­zione dei resi e di gestione delle infor­ma­zioni. Un aspetto che potrebbe, secondo le nostre stime, gene­rare un recu­pero con­tri­bu­tivo del 10% ripor­tando fuori dal rosso il com­parto e dando ossi­geno, cassa, per affron­tare con mag­gior sere­nità l’area digitale.

I piani indu­striali di recu­pero con­tri­bu­tivo e svi­luppo si scon­trano con realtà a due teste che non dia­lo­gano tra loro, o peg­gio si con­trap­pon­gono, vani­fi­cando ogni pos­si­bi­lità di buon esito degli stessi.

Le oppor­tu­nità pre­senti sono state tutte fatte sci­vo­lare via senza saperle cogliere, dalla gestione pro­fit­te­vole dei dati a nuove aree di busi­ness, quale ad esem­pio la rac­colta e gestione dell’ho.re.ca lasciata a Tri­pAd­vi­sor , gli errori com­messi vanno ben al di là di aspetti con­giun­tu­rali o di muta­menti di scenario.

La capa­cità di cam­bia­mento delle orga­niz­za­zioni gior­na­li­sti­che è troppo limi­tata. È ora che avvenga, final­mente, quello che tutti gli altri com­parti indu­striali hanno affron­tato, e risolto, negli anni ’90. 25 anni di ritardo, atte­nuati da assi­sten­zia­li­smo e “favori poli­tici”, sono un bonus che è arri­vata l’ora di pagare hic et nunc.


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