Dopo aver completato il primo giro di analisi e approfondimenti sui principali cinque gruppi editoriali quotati in borsa e proprietari di almeno un quotidiano [Rcs mediagroup, Gruppo Espresso, Gruppo 24 Ore, Caltagirone Editore e Poligrafici Editore] con focus monografici diamo uno sguardo d’insieme aggregando un po’ di dati per cercare di capire l’andamento generale di questo campione di aziende editoriali fondamentale per l’informazione in Italia.
Come abbiamo visto per quasi tutti i singoli gruppi anche l’andamento della parabola disegnata dal dato aggregato dei fatturati vede i ricavi crescere fino al 2007 per poi scendere in picchiata. Quindi sì, dovessimo dare una data dell’inizio della crisi sarebbe proprio il 2007 anno di svolta per l’andamento degli editori italiani. Ed è una svolta che dà il via a una crisi vera, senza se e senza ma, la peggiore subita dall’editoria italiana visto che tra i quasi 5 miliardi di euro che rappresentano il vertice del grafico del fatturato e i 2,6 miliardi del 2014 si deve registrare un –2,39 miliardi di euro che rappresentano una flessione del 48%. Ovvero in solo otto annualità si è, di fatto, dimezzato il valore complessivo dei fatturati dei cinque gruppi.
Nonostante il mantra di documenti programmatici e piani di sviluppo di tutti i gruppi sia “rifocalizzarsi sul digitale” nel concreto il dato aggregato dei ricavi da digitale complessivi dopo una prima fase di crescita [inevitabile, va detto, visto che si partiva da zero] dopo una prima accelerata durata tre annualità, nel 2013 pur in crescita sembra già in frenata e nel 2014 vede già una decrescita rispetto all’anno precedente. Dal 2010 [anno in cui l’indicazione dei ricavi da digitale appare con continuità nei diversi documenti di bilancio] al 2012 i ricavi complessivi passano dai 245 milioni di euro ai 330 milioni con tessi di crescita a doppia cifra, poi nel 2013 la crescita scende al 4% su anno precedente e ne 2014 si registra una flessione dell’11%. Nel complesso dei dati aggregati comunque i ricavi da digitale sono passati dal 6,8% dei ricavi totali del 2010 al 14,3% del 2013 per scendere al 13,8% del 2014. Insomma non esattamente quello che ci si potrebbe aspettare in questa fase storica nella quale bisognerebbe già dare per acquisite determinate quote di crescita dall’online e affrontare seriamente la monetizzazione del traffico da mobile.
[Nota: i dati aggregati su digitale sono relativi solo ai tre maggiori gruppi Rcs Mediagroup, Gruppo Espresso e Gruppo 24 Ore per la semplice ragione che sono gli unici a indicarli chiaramente nei bilanci. D’altronde come già rilevato negli altri gruppi la quota di ricavi da digitale è per loro stessa ammissione ad oggi del tutto marginale, e comunque va ricordato che i due gruppi Caltagirone e Poligrafici rappresentano solo il 15% del fatturato totale.]
Taglio ai costi
Chi ha tagliato di più? Se guardiamo alle ultime cinque annualità in proporzione indubbiamente il gruppo 24 Ore che, nonostante sia per valore del fatturato il terzo dei cinque editori presi in considerazione, in percentuale per quanto riguarda i costi generali [-34%] è secondo solo a Rcs [che ne ha tagliati per il 40%] ed è primo per quanto riguarda il taglio dei costi del lavoro [-45%] e del personale [-42%]. Nel complesso di tutti i gruppi i costi sono diminuiti di 1,2 miliardi di euro (i ricavi, lo ricordiamo, sono diminuiti nello stesso periodo di 1,5 miliardi), mentre il costo del lavoro è complessivamente diminuito di 776 milioni nei cinque anni [di cui 275 milioni solo nel 2014].
Per quanto riguarda il taglio del personale dal 2010 al 2014 gli organici medi sono diminuiti di quasi 4mila dipendenti [3.993 per la precisione], passando dalle 13.375 unità alle 9.382 dello scorso anno. Proprio nel 2014 è stato complessivamente fatto il taglio più consistente: 1.173 dipendenti in meno. I giornalisti nel medesimo periodo hanno subito un taglio di 586 unità [197 nel 2013, 161 nel 2014] facendosi carico del 15% del taglio complessivo dei dipendenti nei cinque gruppi editoriali.
Guardando ai costi medi facciamo ancora una volta notare come ai costanti tagli sia di costi del lavoro che di dipendenti non corrisponda un andamento altrettanto costante. In alcuni gruppi rileviamo addirittura degli aumenti del costo medio segno evidente che il taglio in proporzione si è abbattuto molto di più sul costo del lavoro che non sul numero dei dipendenti.
Le nostre conclusioni
Se certamente non si tratta di una situazione semplice, come dimostrano anche i dati a livello internazionale, che l’industria dell’informazione nostrana abbia sintomi evidenti di incancrenimento è più di una sensazione.
Se si guarda a tutti i flop digitali di RCS, costati 66 milioni di euro solo nel 2014, alle idee sballate del numero uno della Poligrafici Editoriale, ed anche alla mala gestione della formazione obbligatoria dei giornalisti e alle “sparate” della FIEG, tanto per citare alcuni dei mille possibili esempi, ci si rende conto di quanto e come si tratti di un sistema che di industriale e di manageriale ha davvero poco.
Si è operato in questi anni sul taglio dei costi ma, ad oggi, poco o nulla è stato fatto sul fronte dei ricavi. I tagli occupazionali non hanno avuto un disegno preciso in termini di riorganizzazione del lavoro e di ristrutturazione organizzativa, sono stati solo gestione emergenziale e nulla più.
La versione cartacea dei quotidiani, che rappresenta ancora oggi il grosso dei ricavi come dimostrano, anche, le nostre analisi, non ha avuto la giusta attenzione da dedicare a quella che è la cash cow della stampa. L’informatizzazione delle edicole langue in una legge disattesa da ormai tre anni alla quale era legata sia l’area di finanziamento pubblico ai giornali che i benefici di razionalizzazione dei resi e di gestione delle informazioni. Un aspetto che potrebbe, secondo le nostre stime, generare un recupero contributivo del 10% riportando fuori dal rosso il comparto e dando ossigeno, cassa, per affrontare con maggior serenità l’area digitale.
I piani industriali di recupero contributivo e sviluppo si scontrano con realtà a due teste che non dialogano tra loro, o peggio si contrappongono, vanificando ogni possibilità di buon esito degli stessi.
Le opportunità presenti sono state tutte fatte scivolare via senza saperle cogliere, dalla gestione profittevole dei dati a nuove aree di business, quale ad esempio la raccolta e gestione dell’ho.re.ca lasciata a TripAdvisor , gli errori commessi vanno ben al di là di aspetti congiunturali o di mutamenti di scenario.
La capacità di cambiamento delle organizzazioni giornalistiche è troppo limitata. È ora che avvenga, finalmente, quello che tutti gli altri comparti industriali hanno affrontato, e risolto, negli anni ’90. 25 anni di ritardo, attenuati da assistenzialismo e “favori politici”, sono un bonus che è arrivata l’ora di pagare hic et nunc.
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