Il codice civile prevede la disciplina sulla nomina e sulla revoca dell’amministratore condominiale nell’art. 1129 cod. civ. e nell’art.
64 disp. att. cod. civ. L’art. 1129 stabilisce che, quando i condomini sono più di 4, è obbligatoria la nomina di un amministratore che si occupi della gestione delle parti comuni da parte dell’assemblea; e che in tal caso, se l’assemblea non provvede alla nomina, l’amministratore deve essere nominato dall’Autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini.
A proposito della nomina dell’amministratore bisogna subito precisare che, dal momento che l’obbligo viene previsto solo quando i condomini sono più di 4, nel diverso caso in cui invece i condomini sono 4 oppure meno di 4 la legge non impone alcun obbligo e quindi la nomina dell’amministratore è solo facoltativa (Cass., n. 24 del 3 gennaio 1966).NEL VIDEO Benigni all' assemblea di condominio dove tenta di sovvertire l'amministrazione.
L’art. 1129, nei commi 2 e 3, disciplina la possibilità di revoca dell’amministratore e stabilisce che la durata ordinaria dell’incarico è di un anno, ma che tuttavia può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea.
L’amministratore, inoltre, può essere revocato anche dall’Autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nei seguenti specifici casi:
1. quando sia stato convenuto in giudizio per un’azione concernente le parti comuni dell’edificio mediante una citazione o un provvedimento che abbia un contenuto che esorbita dalle sue attribuzioni ed egli non ne abbia informato immediatamente l’assemblea, come impone l’art. 1131, ultimo comma, cod. civ.;
2. quando per 2 anni non abbia presentato il rendiconto della sua gestione;
3. quando sussistono fondati sospetti di gravi irregolarità nell’esecuzione dell’incarico, come accade quando egli, nonostante i ripetuti inviti, si rifiuta di convocare l’assemblea per la nomina dell’amministratore (Trib. Milano 18 luglio 1977).
A tal proposito l’art. 64 disp. att. cod. civ. precisa, inoltre, che nei casi di revoca indicati dall’art. 1129, comma 3, cod. civ. decide il Tribunale in Camera di Consiglio, con decreto motivato, dopo avere sentito lo stesso amministratore; e che contro il provvedimento dell’Autorità giudiziaria può essere proposto reclamo alla Corte d’appello entro dieci giorni dalla notificazione.
L’art. 1129 cod. civ. termina stabilendo, nell’ultimo comma, che la nomina e la cessazione per qualunque causa dell’amministratore dall’ufficio devono essere annotate in un “apposito registro”, ma tale registro al momento non esiste più; in effetti il codice civile, nella sua formulazione originale, prevedeva la conservazione di un registro da parte dell’associazione professionale dei proprietari di fabbricati in modo da trascrivervi all’interno anche il regolamento condominiale (art. 71 disp. att. cod. civ., che riprendeva quanto veniva disposto in precedenza dall’art. 16 del R.D.L. 96 del 15 gennaio 1934), ma l’associazione professionale dei proprietari di fabbricati è stata disciolta per effetto del D.Lgs. luogotenenziale 369 del 23 novembre 1944 (che ha soppresso le associazioni sindacali fasciste) e in questa maniera la ripristinata libertà sindacale ha comportato che da allora in poi non vi è più stato il registro indicato dall’art. 71 disp. att. cod. civ.; né è mai stato predisposto qualche altro registro in sostituzione di esso.
Per effetto dell’art. 1138, ultimo comma, cod. civ., la disciplina prevista dall’art. 1129 è inderogabile. E poiché il principio della revocabilità in ogni tempo dell’amministratore ha carattere inderogabile, ciò comporta che esso non può essere disatteso da una norma contraria contenuta nel regolamento condominiale, neanche se è di tipo contrattuale perché è stato approvato da tutti i condomini (Cass., n. 2246 del 19 ottobre 1961 e n. 2155 del 3 agosto 1966).
Natura giuridica dell’incarico
È opinione dominante che l’amministratore sia organo del condominio che svolge attività di gestione e di rappresentanza degli interessi dei condomini che fanno parte dell’edificio.
Partendo dall’interpretazione estensiva
dell’art. 1131 cod. civ. (che attribuisce all’amministratore la rappresentanza negoziale e processuale dei condomini, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 cod. civ. o dei maggiori poteri conferiti dal regolamento di condominio o dall’assemblea) si considera l’amministratore un mandatario con rappresentanza al quale devono essere applicati i principi dettati dagli artt. 1703-1730 cod. civ. a proposito del contratto di mandato (Cass., n. 850 dell’11 gennaio 1981 e n. 1720 del 24 marzo 1981).
L’amministratore nominato dall’Autorità giudiziaria è considerato, invece, organo del condominio, ma non mandatario (cfr. Cass., n. 2246 del 19 ottobre 1961).
Peraltro, non tutte le disposizioni previste a proposito del contratto di mandato trovano automatica applicazione, dal momento che bisogna sempre verificare preventivamente la compatibilità di queste disposizioni con quelle che si riferiscono in modo specifico all’amministratore di condominio, come avviene per quanto riguarda l’art. 1129, comma 2, cod. civ. – che stabilisce che il mandato ad amministrare ha la durata di un anno e che l’assemblea a maggioranza può, oltre che nominare, anche revocare l’amministratore in ogni momento – il quale in tal modo esclude l’applicazione dell’art. 1726 cod. civ. (che invece, in tema di mandato collettivo, ammette la revoca soltanto quando viene fatta da tutti i mandanti all’unanimità e non dalla semplice maggioranza).
Sono applicabili invece gli artt. 1723, 1724 e 1725 cod. civ., che riguardano rispettivamente la revocabilità del mandato (art. 1173, secondo il quale il mandante può revocare il mandato; ma, se era stata pattuita l’irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa; mentre il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca; né si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante), la revoca tacita (art. 1724, secondo cui la nomina di un nuovo mandatario per lo stesso affare o il compimento di questo da parte del mandante importano revoca del mandato e producono effetto dal giorno in cui sono stati comunicati al mandatario) e infine la revoca del mandato oneroso (art. 1725, secondo cui la revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa; mentre se il mandato è a tempo indeterminato, la revoca obbliga il mandante al risarcimento, qualora non venga dato un congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa), ma la nomina o la revoca possono essere effettuate solo dopo che tutti i partecipanti siano stati informati.
La nomina
Molti aspetti importanti relativi alla nomina dell’amministratore sono stati chiariti nel tempo dalla giurisprudenza.
L’amministratore del condominio conserva i poteri conferitigli dalla legge, dall’assemblea o dal regolamento di condominio anche se la delibera di nomina (o quella di conferma) sia stata oggetto di impugnativa davanti all’autorità giudiziaria per vizi che comportano la nullità o annullabilità della delibera stessa, ovvero sia decaduto dalla carica per scadenza del mandato, fino a quando non venga sostituito con provvedimento del giudice o con nuova deliberazione dell’assemblea dei condomini (Cass., n. 739 del 27 gennaio 1988).
Qualora l’amministratore del condominio, dopo la scadenza del mandato annuale, non sia stato sostituito o espressamente confermato con nuova deliberazione dei condomini, si verifica la proroga automatica dei suoi poteri, senza che possa profilarsi la necessità di una sua apposita riconferma giudiziale, ai sensi dell’art. 1129 cod. civ. (Trib. Monza 21 marzo 1989).
È nulla la delibera dell’assemblea condominiale con cui si sia proceduto alla nomina di più amministratori del condominio in quanto in contrasto con l’art. 1129 cod. civ. (Trib. Milano 15 marzo 1990).
È legittimato a proporre il ricorso al tribunale, in sede di volontaria giurisdizione, affinché provveda alla nomina di un nuovo amministratore del condominio, l’amministratore uscente che non abbia la qualità di condomino, nell’ipotesi in cui l’assemblea non lo abbia confermato, lo stesso abbia dato le dimissioni e il condominio non abbia provveduto alla sua sostituzione, nonostante il fatto che l’assemblea sia stata sollecitata in tal senso (Trib. Roma 7 luglio 1990).
La nomina di un nuovo amministratore del condominio di edificio non richiede la previa formale revoca dell’amministratore in carica, in quanto – dando luogo a un rapporto di mandato – comporta, ai sensi dell’art. 1724 cod. civ., la revoca di quello precedente (Cass., n. 5608 del 9 giugno 1994). Per la nomina dell’amministratore del condominio di un edificio trova applicazione l’art. 1392 cod. civ. in base al quale, salvo che siano prescritte forme particolari e solenni per il contratto che il rappresentante deve concludere, la procura che conferisce il potere di rappresentanza può essere verbale o anche tacita; tale nomina, pertanto, può risultare – indipendentemente da una formale investitura da parte dell’assemblea e dall’annotazione nello speciale registro previsto dall’art. 1129 cod. civ. – dal comportamento concludente dei condomini, che abbiano considerato l’amministratore tale a tutti gli effetti, rivolgendosi a lui abitualmente in tale veste (Cass., n. 1791 del 12 febbraio 1993).
Per le deliberazioni dell’assemblea in seconda convocazione che concernono le materie indicate dall’art. 1136, comma 4, cod. civ., tra le quali la nomina dell’amministratore, il richiamo alle maggioranze stabilite dall’art. 1136, comma 2, cod. civ., non vale a estendere il “quorum” costitutivo dell’assemblea in prima convocazione, ma importa che per la costituzione dell’assemblea, come per l’approvazione di esse, è richiesta una maggioranza che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio e che sia costituita dalla maggioranza degli intervenuti e da almeno un terzo dei partecipanti al condominio (Cass., n. 3952 del 26 aprile 1994).
La disposizione dell’art. 1136, comma 4, cod. civ. – la quale richiede per la deliberazione dell’assemblea del condominio di edifici che riguarda la nomina o la revoca dell’amministratore la maggioranza qualificata prevista dal comma 2 – trova applicazione anche per la deliberazione di conferma dell’amministratore dopo la scadenza del mandato (Cass., n. 4269 del 4 maggio 1994).
La nomina di un nuovo amministratore di condominio in sostituzione del precedente dimissionario per spiegare efficacia nei confronti dei terzi deve avvenire con una deliberazione dell’assemblea nelle forme previste dall’art. 1129 cod. civ. (Cass., n. 5083 del 25 maggio 1994).
La regola sancita dal regolamento condominiale di natura contrattuale, in conformità all’art. 1129 cod. civ., secondo cui la nomina dell’amministratore è effettuata con delibera assembleare, non costituisce prescrizione sulla forma della manifestazione di volontà e non è di ostacolo alla configurabilità di una nomina tacita, purché si dia prova della inequivoca conforme volontà di tutti i condomini, espressa anche mediante comportamenti concludenti (Trib. Bergamo 6 settembre 1999).
L’incarico di amministratore del condominio può essere conferito, oltre che a una persona fisica, anche a una persona giuridica:
– come una società di capitali – tenuto conto che la persona giuridica non soffre di limitazioni di capacità, se non nei casi tassativamente previsti dalla legge, e che essa è in grado di offrire, quanto all’adempimento della relativa obbligazione e all’imputazione della conseguente responsabilità, un grado di affidabilità pari a quello della persona fisica (Cass. n. 22840 del 24 ottobre 2006).
La revoca da parte dell’assemblea
A proposito della maggioranza necessaria per revocare l’amministratore l’art. 1136, comma 4, cod. civ., prevede che le deliberazioni relative alla revoca devono essere sempre prese con la stessa maggioranza richiesta per la nomina e cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti all’assemblea (metà più uno dei presenti) e almeno la metà del valore dell’edificio.
L’art. 1129 cod. civ. stabilisce che l’amministratore può essere revocato in qualunque momento; con la conseguenza che la revoca può avvenire anche prima della scadenza del termine, che di solito è annuale.
Dal tenore della norma si desume che, per revocare l’amministratore, non è richiesta l’esistenza di una giusta causa e che, anzi, la revoca può essere perfino immotivata; la Suprema Corte è concorde in tal senso (Cass., n. 1865 dell’11 giugno 1968).
Costituiscono giuste cause di revoca, oltre ai tre casi (già visti) indicati dall’art. 1129, comma 3, cod. civ., anche il fatto che l’amministratore non abbia presentato il conto per un anno oppure abbia tenuto i documenti contabili in modo tale da fare sorgere fondate preoccupazioni per il futuro, anche se al momento non si può dire che sussistano irregolarità gravi, e comunque tutti i fatti che facciano sospettare la possibilità di gravi irregolarità (App. Roma 20 gennaio 1955); e, ancora, anche la cattiva fama di cui gode l’amministratore tale da creare discredito o pericolo.
La dottrina prevalente desume dai principi generali dell’ordinamento (e in particolare dal principio per cui la collisione di due interessi ugualmente legittimi si compone con l’attribuire un potere al titolare del primo e accordare un’indennità al titolare del secondo) e dai principi dettati in tema di mandato (art. 1723 e 1725 cod. civ.) e a proposito delle società (art. 2383, comma 3, cod. civ.) che, se la revoca viene fatta prima del termine stabilito e non sussiste una giusta causa, il condominio è tenuto a indennizzare l’amministratore che svolge la sua attività in cambio di un corrispettivo; e sempre secondo la stessa opinione, dall’art. 1725, comma 2, cod. civ., si argomenta invece che, se l’incarico è a tempo indeterminato, è sufficiente un semplice preavviso per escludere l’indennizzo anche quando la decisone di revoca è immotivata.
Al riguardo però la giurisprudenza appare divisa (a favore App. Roma, 20 gennaio 1955; in senso contrario Pret. Roma, 26 ottobre 1966).
Fattispecie particolari
Non è legittimo il comportamento dell’amministratore che, facendo affluire i versamenti delle quote condominiali e dei fondi di riserva sul suo conto personale e non su un conto del condominio, generi una confusione del suo patrimonio con quello di un condominio o di più condominii e renda, peraltro, impossibile ogni controllo da parte dei condomini che hanno il diritto di fruire di una corretta gestione dei beni e dei servizi comuni; tale comportamento, indipendentemente dal consenso della maggioranza e pur trattandosi di un mandato collettivo, rappresenta una irregolarità gestionale di gravità tale da portare da sola alla revoca dell’amministratore (Trib. Milano 29 settembre 1993).
La revoca dell’amministratore di un condominio, che può avvenire in qualsiasi tempo, non richiede la sussistenza di una giusta causa, in considerazione della natura fiduciaria del rapporto fra amministratore e condominio, con la conseguenza che a seguito dell’adozione della delibera di revoca l’amministratore è tenuto, tra l’altro, a restituire ogni cosa di pertinenza del condominio, senza che per l’inottemperanza a tale obbligo si debba fare ricorso al tribunale a norma dell’ultimo comma dell’art. 1105 cod. civ., potendosi legittimamente richiedere l’adozione di un provvedimento di urgenza a norma dell’art. 700 cod. proc. civ. (Cass., n. 11472 del 28 ottobre 1991).
Non ricorre l’ipotesi di revoca dell’amministratore di condominio disposta dall’art. 1129, comma 3, cod. civ. (il quale prevede il caso di assoluta mancanza di resa della gestione per 2 anni), qualora l’amministratore non presenti il rendiconto in assemblea, ma rediga e presenti ai singoli condomini una relazione contabile semestrale che evidenzia, mediante entrate e uscite, una chiara situazione contabile di cui ogni condomino sia a conoscenza e in ordine alla quale possa proporre le proprie osservazioni (Trib. Foggia 18 febbraio 1997).
Ai fini della revoca dell’amministratore, non è ravvisabile una grave irregolarità in danno del condominio e dei singoli condomini nel comportamento dell’amministratore il quale – di fronte a gravi esigenze di amministrazione e sul presupposto dell’inattività dei condomini nella convocazione dell’assemblea – prenda l’iniziativa, previo il consenso di tutti i condomini, di aumentare le quote condominiali senza autorizzazione assembleare (Trib. Foggia 18 febbraio 1997).
Una grave irregolarità nell’amministrazione, che non si traduca in un immediato danno oppure pericolo di danno per il condominio, non è idonea a provocare la revoca dell’amministratore, potendo sempre l’assemblea adottare le iniziative opportune, non escluso il recesso, nel corso delle sue periodiche convocazioni (Trib. Napoli 13 dicembre 1994).
Risulta completamente cessato dalle sue funzioni l’amministratore non confermato nella carica il quale, così come consentito dal regolamento di condominio nel caso in cui l’assemblea non provveda alla nomina di un successore entro quindici giorni dalla mancata conferma, restituisca la documentazione amministrativo-contabile a un condomino (Trib. Roma 27 aprile 1995).
La revoca da parte del Tribunale
Si è già visto in quali casi sia possibile fare ricorso all’Autorità giudiziaria per la revoca dell’amministratore.
Il procedimento che segue dopo la presentazione dell’istanza di revoca si svolge ai sensi dell’art. 737 e segg. cod. proc. civ. (Cass., n. 849 del 3 maggio 1967).
Non è necessario che, prima di adire il Tribunale, l’assemblea condominiale si sia pronunciata contro la revoca oppure abbia rifiutato di pronunciarsi su di essa.
È possibile che venga nominato dall’assemblea per una seconda volta lo stesso amministratore che in precedenza è stato revocato dall’Autorità giudiziaria, a condizione però che la nomina venga decisa dall’assemblea all’unanimità e non dalla semplice maggioranza (Cass., n. 1803 del 7 luglio 1960).
La mancanza di prova sulla volontaria intenzione da parte dell’amministratore del condominio di ostacolare l’informazione di tutti i condomini sulla convocazione dell’assemblea non può integrare l’ipotesi di una grave irregolarità a lui ascrivibile al fine della sua revoca da parte dell’Autorità giudiziaria (App. Genova 5 aprile 1991).
Contro il provvedimento con il quale la Corte d’appello decide il reclamo avverso il decreto del Tribunale che ha pronunciato la revoca dell’amministratore di condominio è ammissibile il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., in quanto tale provvedimento, emesso su istanza di alcuni soltanto dei condomini, comportando la risoluzione anticipata e definitiva (contro la quale non è previsto alcun rimedio) del rapporto di mandato esistente tra tutti i condomini e l’amministratore, incide su diritti soggettivi (Cass., n. 4620 del 18 maggio 1996).
L’art. 91 cod. proc. civ., secondo cui il giudice con la sentenza che chiude il processo dispone la condanna alle spese giudiziali, intende riferirsi a qualsiasi provvedimento che, nel risolvere contrapposte pretese, definisce il procedimento, e ciò indipendentemente dalla natura e dal rito del procedimento medesimo; pertanto, la norma trova applicazione anche ai provvedimenti di natura camerale e non contenziosa, come quelli in materia di revoca dell’amministratore di condominio, tant’è vero che, mentre la decisione nel merito del ricorso di cui all’art. 1129 c.c. – avendo sostanzialmente natura cautelare e tale da non pregiudicare il diritto dell’amministratore
– non è ricorribile in Cassazione, la consequenziale statuizione relativa alle
spese, in quanto dotata dei caratteri della definitività e della decisorietà, è invece impugnabile ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass., n. 14742 del 26 giugno 2006).
La fattispecie dei “fondati sospetti di gravi irregolarità” prevista dall’art. 1129, comma 3, cod. civ., che legittima la revoca dell’amministrazione da parte dell’Autorità giudiziaria, non si può ravvisare ogni qualvolta l’assemblea condominiale abbia adottato deliberazioni nulle o annullabili e l’amministratore si sia limitato a darvi esecuzione, perché in questo caso il condomino che si ritiene leso ha il più agevole e corretto rimedio dell’impugnazione della delibera o del ricorso all’Autorità giudiziaria mediante gli strumenti appositamente previsti dalla legge (Trib. Firenze 22 aprile 1991).
Non sono ravvisabili i “fondati sospetti di gravi irregolarità” che comportano la revoca giudiziale dell’amministratore nel rifiuto da questi opposto alla richiesta di un condomino di ritirare, per effettuarne il controllo, tutti i documenti del condominio (Trib. Parma 12 marzo 1999).
Diversamente dal procedimento per la nomina giudiziale dell’amministratore, il procedimento di revoca giudiziale dello stesso non deve essere svolto nel contraddittorio di tutti i condomini, in quanto nella prima ipotesi il litisconsorzio necessario discende dalla diretta incidenza della determinazione giudiziale sull’amministrazione delle cose comuni (attraverso la designazione esterna del soggetto chiamato a esercitare le attribuzioni previste dall’art. 1130 cod. civ.), mentre nella seconda ipotesi l’intervento dell’autorità giudiziaria è volto alla mera rimozione dell’amministratore, senza incidere sulla facoltà dei condomini di designare in piena autonomia il nuovo amministratore (Trib. Torino 3 maggio 2000).
Le dimissioni
Il principio secondo il quale l’amministratore di un condominio anche dopo la cessazione dalla carica per scadenza del termine previsto dall’art. 1129 cod. civ. o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri e può continuare a esercitarli fino a che non sia stato sostituito da altro amministratore, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta perpetuatio di poteri all’interesse e alla volontà dei condomini, non può trovare applicazione quando risulti, viceversa, una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell’assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell’amministratore cessato dall’incarico (Cass., n. 1445 del 5 febbraio 1993).
L’amministratore di condominio, anche se cessato dalla carica per scadenza del termine previsto dall’art. 1129 cod. civ. o perché dimissionario, continua a esercitare i suoi poteri, compresa la rappresentanza del condominio in giudizio, fino a che non sia validamente sostituito con la nomina di altro amministratore da parte dell’assemblea dei condomini (Cass., n. 9501 del 21 dicembre 1987).
Il principio secondo cui l’amministratore di un condominio, anche dopo la cessazione dalla carica per dimissioni o per scadenza del termine di cui all’art. 1129 cod. civ., conserva nel frattempo i suoi poteri e può continuare a esercitarli fino a che non sia stato sostituito da altro amministratore, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta “perpetuatio” di poteri all’interesse e alla volontà dei condomini, non può trovare applicazione quando risulti, viceversa, una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell’assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell’amministratore cessato dall’incarico (Cass., n. 15858 del 12 novembre 2002).
In virtù dell’istituto della prorogatio l’amministratore di un condominio di un edificio, cessato dalla carica per scadenza del termine previsto dall’art. 1129 cod. civ. o per dimissioni, continua a esercitare tutti i poteri previsti dall’art. 1130 cod. civ., attinenti alla vita normale e ordinaria del condominio, fino a quando non sia stato sostituito con la nomina di altro amministratore; pertanto, l’amministratore deve continuare a provvedere, durante la gestione interinale, all’adempimento delle incombenze e attribuzioni previste dall’art. 1130 cod. civ. e così a riscuotere i contributi condominiali e a erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni, compreso quello di portierato, con la conseguenza che, in caso di ritardata presentazione delle denunce contributive e di ritardato pagamento dei contributi previdenziali dovuti per il portiere, l’amministratore è tenuto a rivalere il condominio delle somme da quello versato all’INPS a titolo di sanzioni amministrative (Cass., n. 3588 del 25 marzo 1993).
Non ricorre il presupposto per la tutela con il procedimento d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civ. delle situazioni soggettive del condominio, anche mediante convocazione in tal modo dell’assemblea condominiale per la nomina del nuovo amministratore, quando, pur essendo state presentate le dimissioni dell’amministratore e convocate irregolarmente successive, e inoltre invalide per vizio proprio, assemblee per la sostituzione di esso, l’amministratore dimissionario continui tuttavia a esercitare i suoi poteri in regime di prorogatio (Pret. Roma 3 dicembre 1984).
L’amministratore, seppur dimissionario, conserva i suoi poteri fino a quando non venga sostituito: egli mantiene pertanto, fino a tale momento, anche il potere-dovere di convocare le assemblee (Trib. Milano 18 maggio 1992).
La restituzione dei documenti dopo
la cessazione dell’incarico
Alla cessazione dell’incarico l’amministratore deve restituire tutta la documentazione contabile del condominio.
Se l’amministratore si rifiuta di restituire la documentazione in oggetto, magari perché ritiene di essere titolare di un diritto di credito nei confronti del condominio, ha luogo una interversione nella detenzione per ragioni di servizio in possesso autonomo che configura un’ipotesi di spoglio violento; e tale spoglio è tutelabile attraverso l’azione di reintegra nel possesso del condominio e da esso consegue la responsabilità possessoria dell’amministratore revocato che ha commesso uno spoglio (Cass., n. 1979 del 26 luglio 1967; Pret. Roma 28 settembre 1984; Pret. Verona 25 settembre 1985).