Da quella sera, da sessanta anni, traendo spunto da quanto accaduto in giornata sui terreni di gara, ed espositrice, secondo stagioni e personaggi, del meglio e del peggio del linguaggio televisivo, La Domenica sportiva ha mantenuto fede alla cadenza del fine settimana, fornendo con la sua programmazione di tarda serata materiale quasi ultimativo ai fruitori degli infiniti bar dello sport disseminati sul territorio nazionale.
Quell'esordio ufficiale, seguito dalle rare famiglie in condizione di dissipare tre o quattro stipendi medi per l'acquisto dell'apparecchio, aveva avuto due precedenti, una puntata sperimentale andata in onda il primo gennaio 1952, ed un'altra, semiufficiale, trasmessa l'undici ottobre dell'anno successivo dalla nuova sede milanese di corso Sempione in una RAI pronta ad essere dominata dal quarantasettenne torinese Filiberto Guala, amministratore delegato di un triennio segnato da profonde e decisive innovazioni e insieme da un drastico registro censorio, «l'imprenditore di Dio» che avrebbe di lì a poco deciso di trascorrere la seconda metà di una lunga esistenza nei silenzi e nelle meditazioni di un monastero dei colli laziali.
L'apparizione de La Domenica sportiva fu in linea con la limitatezza di spazi della prima giornata di vita delle televisione di Stato: uno speaker, un notiziario scarno ridotto all'essenziale, risultati passati al setaccio, filmati veloci sulla giornata, poco più di venti minuti in totale. Con qualche variante, di spazi e di orari, l'avventura avrebbe seguito itinerari non dissimili fino al 28 febbraio 1965, giorno in cui apparve sul video serale, anticipato d'orario, dilatato di spazi fino all'ora e aperto ad ospiti, il primo conduttore, nel tratto rassicurante di Enzo Tortora.
Pulizia di linguaggio, ironia ed intrattenimento furono il segmento di una trasmissione che andò avanti per cinque anni, aprendosi alla fine del 1969, con Carlo Sassi ed Heron Vitaletti, alla moviola. Fin quando un incidente di percorso, «la RAI è un jet colossale guidato da boy-scout che si divertono a giocare con i comandi», aprì in pratica la strada all'auto-eliminazione temporanea dal video del conduttore genovese.
Mentre nel 1975 irrompeva con la seconda rete, e con altri criteri, Domenica sprint, invenzione di Maurizio Barendson, Paolo Valenti e Remo Pascucci, la trasmissione ammiraglia, curata dall'inizio fino al 1976 dal «milanese» Aldo De Martino, cui sarebbe subentrato, per un lungo ventennio, il «romano» Tito Stagno, ebbe in seguito conduttori di forte visibilità, vere reliquie, Lello Bersani, Alfredo Pigna in tre periodi, Paolo Frajese - la simpatia nei cui confronti avrebbe raggiunto l'apice anni dopo con i calci impressi in diretta al sedere del disturbatore Paolini - Adriano De Zan, affiancato in un biennio da Nicola Pietrangeli, lo stesso Stagno, Marino Bartoletti, Sandro Ciotti, Bruno Pizzul, il Giorgio Tosatti della fine degli anni Novanta.
Fino ad un prevalere progressivo e stancante del pianeta calcio, un procedere di stagioni marcato da mutazioni antropologiche, serate immutabilmente prevedibili, sfoggio di maschere reiteranti una commedia dell'arte volta a consacrare l'imbarazzante filosofia del video ergo sum. Fino all'oggi d'inizio 2014: una trasmissione esausta.
Augusto Frascaper "Il Tempo"