Stasera su Rete 4 alle 21.10
Bang! Un colpo di fucile, un uomo assorto appollaiato su un amena altura, l’incedere dilatato di una diligenza rivestita di ferro, il nitrito acuto di un cavallo galoppante, la mitraglia in primo piano, un apache appostato, l’assalto, polvere che si leva dall’ispido terreno, il primo caduto; alcuni fotogrammi e cavalchiamo un ronzino nel vecchio Far West, tra saloon lignei, sceriffi corrotti, “uomini con la pistola che incontrano uomini con fucili”( Leone ), distese sabbiose, ranch e mandrie in fuga perenne. Catapultati nell’America post-secessione, in una dimensione in cui la regola soffre di un assoluto relativismo, essendo la moralità del singolo, la sua forza, il metro per una catalogazione nella gerarchia sociale. Quel treno per Yuma è il remake dell’omonimo film di Delmer Daves del 1957, in un’epoca in cui il western fungeva da specchio di costume e di massa dell’”american way of thinking”, quando ancora il revisionismo non ne aveva ridimensionato l’appeal e prima che gli Spaghetti-western conquistassero il mondo.
Impianto tradizionale, percettibili sviluppi interiori dei characters, una considerazione fatalistica dell’esistenza, in bilico tra disperazione certa ed inesorabile sofferenza; Quel treno per Yuma è il simbolo di una classicità e di una reverenzialità divergente dall’ultimo afflato semi-innovativo e antifrastico ( “Open range” del bravo Costner, “Gli Spietati” dell’eccelso Eastwood), maggiormente assimilabile al vecchio tentativo pre-sessantottino moralistico e manieristico. Classico e sentenzioso (con massime che si giustappongono come estrapolazioni letterali dei testi biblici o derivano dallo scanzonato ed edulcorato linguaggio di un vulgus illetterato), si indirizza su una considerazione manichea dei due protagonisti, che incarnano figure antitetiche, legate da un filo di purezza comportamentale che, nel bene e nel male (la solita locutio “good versus evil" ), sfocia in un sentimento di esclusività, reciprocità, appartenenza, tipicità intrinseca dell’amicizia più marcata. Russel Crowe è Ben Wade; 22 rapine, 400.000 dollari sottratti, un numero imprecisato di vite spezzate. Un ruspante fuorilegge. Vive in raggianti ricordi di belle donne, applica reiteratamente passi dei “Proverbi” ed offre una coloritura di una comicità irresistibile per la cruda immediatezza. Uno scalfito Christian Bale è Den, rancher solitario e perseguitato ( stereotipi del genere ), con famiglia a carico, una malattia da combattere ( la tubercolosi ) ed un falso eroismo di guerra; il suo personaggio è paternalistico, melodrammatico, di religiosità profonda. Ben deve scontare i propri misfatti; il treno delle 3:10 per Yuma, simbolo di meccanizzazione e modernizzazione furente, lo attende; ad accompagnarlo Den ed uno sparuto gruppo di uomini. E accade che...qualcosa, rispetto, alla pellicola originaria, cambia, anche nel finale.