Non ce l'ho fatta. Non a finirlo, nonostante le due ore e venti, ma a trovare qualcosa che vada al di là del già visto "sogno Americano". Non ce l'ho fatta a trovare una lenza che eviti il buonismo forzato, nè una piccola monetina che non presenti da un lato la faccia della bontà, dall'altro della malvagità. Non ce l'ho fatta a vedere un cavallo umanizzato. Nè a sopportare l'atmosfera di vittoria-sconfitta che aleggia sul protagonista, un impassibile ed inespressivo Tobey Maguire, dalla tenera età alla maturità. Se l'inizio sembrava quantomeno affine ad un piglio storicista di impatto con le sequenze-fotogramma che davano molto l'impressione di un film rigoroso, Gary Ross, nelle successive due ore, fa di tutto per rendere tutto patetico, qualunquista, grandioso, disneyano nella sua accezione negativa, americano nella sua accezione limitante, costruito e noioso, noioso fino all'ultimo, senza un tocco di lacrime vere. E "Seabiscuit" non riesce a partire di getto nel cuore, anche perchè lo circonda un mondo esteticamente perfetto, fotografia e musica comprese, forse troppo perfetto per descrivere quella traccia di vero che sta nel contatto con il passato. Se ci fosse stato solo un cavallo a correre, le due ore sarebbero passate più in fretta. Sono i personaggi, infatti, la spina al fianco del film, impossibili da amare o odiare. Da fiction televisiva, nonostante interpreti, oltre a Maguire, come Jeff Brifges, Elizabeth Banks, Chris Cooper e William H. Macy. Se "Secretary" con Diane Lane è votato alla stessa strada, è perchè c'è chi ama il mestiere e il film consolatorio. Di rimando, c'è chi ama lo sperimentalismo e l'ambiguità, la realtà, il sogno infranto. C'è chi ama il western delle origini e chi, invece, tiene a "Balla con i lupi". Personalmente delle confezioni dolcificanti non so che farmene. Già ci sono troppi dolci in giro.
Non ce l'ho fatta. Non a finirlo, nonostante le due ore e venti, ma a trovare qualcosa che vada al di là del già visto "sogno Americano". Non ce l'ho fatta a trovare una lenza che eviti il buonismo forzato, nè una piccola monetina che non presenti da un lato la faccia della bontà, dall'altro della malvagità. Non ce l'ho fatta a vedere un cavallo umanizzato. Nè a sopportare l'atmosfera di vittoria-sconfitta che aleggia sul protagonista, un impassibile ed inespressivo Tobey Maguire, dalla tenera età alla maturità. Se l'inizio sembrava quantomeno affine ad un piglio storicista di impatto con le sequenze-fotogramma che davano molto l'impressione di un film rigoroso, Gary Ross, nelle successive due ore, fa di tutto per rendere tutto patetico, qualunquista, grandioso, disneyano nella sua accezione negativa, americano nella sua accezione limitante, costruito e noioso, noioso fino all'ultimo, senza un tocco di lacrime vere. E "Seabiscuit" non riesce a partire di getto nel cuore, anche perchè lo circonda un mondo esteticamente perfetto, fotografia e musica comprese, forse troppo perfetto per descrivere quella traccia di vero che sta nel contatto con il passato. Se ci fosse stato solo un cavallo a correre, le due ore sarebbero passate più in fretta. Sono i personaggi, infatti, la spina al fianco del film, impossibili da amare o odiare. Da fiction televisiva, nonostante interpreti, oltre a Maguire, come Jeff Brifges, Elizabeth Banks, Chris Cooper e William H. Macy. Se "Secretary" con Diane Lane è votato alla stessa strada, è perchè c'è chi ama il mestiere e il film consolatorio. Di rimando, c'è chi ama lo sperimentalismo e l'ambiguità, la realtà, il sogno infranto. C'è chi ama il western delle origini e chi, invece, tiene a "Balla con i lupi". Personalmente delle confezioni dolcificanti non so che farmene. Già ci sono troppi dolci in giro.
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