Twitter: come, quanto e perche’? Risponde akaOnir.

Da Arturo Robertazzi - @artnite @ArtNite
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Come promesso, da oggi pubblicherò le risposte di tre twitteri un po’ speciali alla domanda Twitter: come, quanto e perché?, argomento del mio contributo a Librinnovando.

Oggi è la volta di akaOnir, Francesco Spè nella vita reale. L’ho “conosciuto” tramite la sua intervista a Wu Ming 1, che ho trovato, non vorrei esagerare, rivelatrice. L’intervista rientra in un progetto più ampio: Francesco Spè ha scritto una tesi di laurea dal titolo “Un Collettivo, 140 caratteri. Wuming, Twitter e la Repubblica demcoratica dei lettori“, in cui ha analizzato tre hashtags: #casellariofascista #AaAM e #rogodilibri. Qui qualche dettaglio in più.

Ecco le sue risposte.

PERCHÉ per una casa editrice è importante usare twitter?
Twitter è il social media che più di ogni altro pone al centro la parola, il binomio col mondo dell’editoria “suona” quindi bene già da principio. Inoltre gli utenti che lo utilizzano sono diversi da quelli del rivale Facebook: in molti sono iscritti da entrambe le parti, ma essendo due luoghi profondamente diversi, è frequente trovare persone che si sentano a proprio agio (e che quindi recitino un ruolo attivo) solo in uno dei due. È chiaro quindi come la casa editrice che snobba Twitter, non possa “arrivare” ad un certo tipo di utenza, fra l’altro mediamente più “attenta” di quella del social di Zuckerberg. Questa “attenzione”, porta a far arrivare su Twitter – con la velocità che contraddistingue questo social media – notizie e opinioni anche da angoli della rete meno battuti. Insomma, se stai solo su Facebook o Anobii ti perdi un sacco di roba buona, o, se ti arriva, ti arriva dopo.

QUANTO twitter è utile nell’attività promozionale di una casa editrice?
La promozione per via diretta (tipo: “domani esce “Zagreb” di Arturo Robertazzi. L’autore presenterà il suo libro a Pisa”) va fatta: informare gli utenti delle uscite editoriali e delle attività della casa editrice, in maniera scarna e senza tanti fronzoli, è la funzione primaria di Twitter, tanto ovvia quanto imprescindibile. Detto questo penso che alla lunga paghi di più la promozione indiretta e “lenta”, fatta di tweet che conquistino la fiducia e la simpatia del lettore e che magari lo avvicinino ad un determinato libro per vie traverse. Fidelizzare l’utente rimane un imperativo validissimo. Più in generale, reputo che un profilo di un editore serio e innovativo debba andare oltre l’attività promozionale in senso stretto e cercare di divenire un riferimento culturale a 360°. Un atteggiamento virtuoso ma non certo in contrasto con la possibilità di aumentare le vendite.

COME dovrebbe una casa editrice usare twitter?
La cosa essenziale è capire le specificità del mezzo e non traslare in maniera pedissequa le scelte comunicative effettuate in altri ambiti. Ciò significa in primo luogo girare a proprio favore il limite dei 140 caratteri facendo in modo che esso si traduca in uno sforzo creativo capace di favorire immediatezza e originalità. Significa poi saper utilizzare gli strumenti che contraddistinguono questo social media, gli hashtag in primis: proporne di nuovi (e azzeccati) o anche usare bene quelli già esistenti, permette di incidere nelle discussioni, ampliare esponenzialmente in numero dei lettori dei propri tweet e trasformare twitter in un motore di ricerca in tempo reale. Reputo inoltre che un modo particolarmente virtuoso di usare gli hashtag  consista nell’associare ad eventi di strettissima attualità (e al loro relativo hashtag) citazioni aforistiche che si colleghino per vie oblique a tali eventi: per una casa editrice infilare in un tweet una frase di un libro del proprio catalogo che funga da commento ad un accadimento in corso o a un dibattito appena apertosi è una maniera intelligente di dimostrare la vitalità e la freschezza del libro in questione. Del resto è l’aforisma in sé ad essere adattissimo a Twitter, occorre però non esagerare altrimenti si corre il rischio di intasare le time-line altrui e irritare qualche follower. Più in generale, la tendenza a sfornare tweet e retweet a ripetizione è diffusa e può essere tollerata (perfino auspicabile) se e solo se  la “produzione” viene distribuita nell’arco della giornata e non concentrata in poche ore (a volte minuti!) di tweettaggio e ritwettaggio matto e disperatissimo. Per il resto, piuttosto che seguire improbabili decaloghi su come si dovrebbe twittare, spesso infarciti di banali strategie di marketing, suggerisco di spulciare il profilo di Einaudi, che alcune di queste strategie convenzionali le ignora o addirittura le sovverte: se può essere legittimo coltivare dubbi sul fatto che sia tutt’ora la migliore casa editrice italiana, è invece insindacabile (!!!) che si tratti di quella capace di muoversi in maniera più efficace e creativa su Twitter. Con la riuscita trovata del bot, @EinaudiEditore, un artigiano digitale che cura ogni singolo messaggio che scrive, ironizza con i profili che se bot non sono, riescono nell’impresa di sembrare tali vista la maniera meccanica e ripetitiva con cui twittano.

Altro aspetto decisivo riguarda l’interazione con gli utenti: la casa editrice che segue pochissimi profili e che non replica mai ai tweet in cui è menzionata perde in partenza e tradisce l’essenza di questo mezzo. Lodata sia la casa editrice che risponde quando viene chiamata in causa e che magari commenta anche i  tweet che non la coinvolgono direttamente ma che le “interessano”. Ovviamente anche in questo caso c’è un limite: ancora peggio della modalità «interazione zero» c’è quella che chiamo «simulacro di partecipazione», consistente nel seguire tutti coloro che ti seguono o addirittura aggiungere random nuovi profili solo sperando di essere ricambiati, atteggiamento che spesso si abbina alla fastidiosa tendenza di ringraziare a destra e manca per ogni retweet o complimento ricevuto, riempiendo i propri messaggi di punti esclamativi accomodanti. Pure qui il bot, alternativamente (a volte anche contemporaneamente) gentile e pungente, insegna. Anche se a volte perde la brocca pure lui.

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