Se in Italia il suo lascito è stato relativo al tempo in cui ha spopolato e la sua stella è in fondo legata a una produzione cinematografica superata e fuori moda, ottenuta tra pellicole celebri ed altre mediocri e con matrimoni “del secolo”, quantomeno nella patria natia non hanno dimenticato Tyrone Power nell’anno del centenario della nascita (5 maggio 1914). Da mesi infatti prosegue l’omaggio che Los Angeles gli offre: il più recente è la programmazione di due suoi film (La grande strada bianca e Il capitano di Castiglia) al Barnsdall Gallery Theater in Hollywood Blvd.
Non è impossibile comprendere perché una figura tanto semplicistica e accademica non ha resistito, in Europa, alla prova del tempo nell’immaginario collettivo: lontano da personaggi come quello più volte ricoperto da un H. Bogart o da un C. Grant (entrambi celebri oggi, ma assai meno popolari di T.Power negli anni trenta e quaranta), Tyrone ha avuto difficoltà a riciclarsi nelle molteplici prove che la settima arte ha imposto a sé stessa in tutto il Novecento. Nemmeno un decesso precoce e romantico (un infarto sul set appena quarantaquattrenne) è riuscito a rilanciarne la figura nella modernità.
In quale misura è corretto dimenticare e delegittimare un classico lontano dai gusti contemporanei? L’Europa cinefila ha chiuso in un cassetto una larga parte di immaginario hollywoodiano che ha segnato stili e mode di milioni di persone per oltre trent’anni. Nel nostro paese nessuna piattaforma attenta alle esigenze cinematografiche ha accennato al suo nome in tutto il semestre. Paradossalmente è più conosciuta oggi la figlia Romina per il legame che ebbe con Al Bano.
Bel tenebroso forse giudicabile un po’ inerte e inamidato, romanticamente legnoso nel suo impensabile splendore, sopravvalutato al tempo e sottovalutato oggi, varrebbe la pena di essere riscoperto e dissotterrato quantomeno per contrasto al pensiero contemporaneo dominante che pretende complessità, deformità e volgarità anche laddove non ve ne sia il minimo bisogno.
Quando ebbe occasione in La fiera delle illusioni e Testimone d’ accusa -celebre capolavoro di Wilder e ultima sua apparizione- di cimentarsi in ruoli “moderni” perché tormentati e ambigui, dimostrò che anche un divo uscito dalla scuola classica hollywoodiana poteva figurare magnificamente come antieroe.
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