Non credo che si arriverà a uno scontro militare, ma è del tutto evidente che la Ue, priva da sempre di una politica estera e persino di un commissario agli esteri se non vogliamo considerare tale la inesistente e stuporosa Ashton, è stata trascinata dentro una contrapposizione geopolitica alla Russia di cui ogni singolo Paese europeo pagherà in modo peculiare conseguenze in termini di rifornimento energetico, di joint ventures e di export per parlare solo di temi economici. E qui sorge il problema: chi, con quale autorità, con quale consenso, con quale mandato, con quale rappresentanza, con quale maggioranza parlamentare ha deciso di esporre il l’intero continente a un conflitto geopolitico di questo tipo? Un problema capitale che i media fanno finta di ignorare.
La risposta pragmatica è fin troppo ovvia: la Germania, in prima fila nell’appoggio al un golpe affidato alle bande neonaziste e ormai scatenata nel suo espansionismo economico che in questo caso è andato a braccetto con la strategia americana di accerchiamento militare della Russia. Non a caso è proprio il socialdemocratico Schulz che apre ai colloqui con i gruppi neonazisti e straparla di autodeterminazione dei popoli, pur sapendo benissimo che non solo la repubblica autonoma di Crimea ma molta parte dell’Ucraina orientale non ne vuol sapere di un Paese trascinato a forza nel campo antirusso. Ma dal punto di vista della sbandierata democrazia europea l’avventura di appoggiare un vero e proprio colpo di stato basandosi solo sull’interruzione, peraltro temporanea, dei colloqui preliminari per un’associazione dell’Ucraina alla Ue, voluta dal governo regolarmente in carica, costituisce un salto di qualità estraneo a tutti i trattati e anche alla struttura di governance della Ue. Qui non si tratta di determinare la lunghezza del salmone commerciabile e abbiamo la dimostrazione palmare di cosa significhi “più Europa” che è il vacuo refrain delle socialdemocrazie continentali e anche dell’ipocrisia o cecità dell’ “un’altra Europa è possibile” senza però prevedere dei passi indietro rispetto alla dittatura economica che poi sfocia in questi eventi totalmente al di fuori del controllo dei cittadini europei e anche dei singoli Paesi. La vicenda Ucraina ci insegna che si è andati troppo avanti nella deformazione dell’idea stessa di Europa per pensare di cambiare le cose senza uno choc e una messa in questione di tutto il meccanismo geneticamente mutato a cominciare dalla moneta unica per finire al trattato di Lisbona.
E del resto questo non vale solo per le questioni esterne: le stesse stigmate si avvertono chiaramente in Grecia e in Spagna dove, esattamente al contrario dell’Ucraina, le manifestazioni contro i massacri sociali sono soffocate con gli stessi metodi usati dai colonnelli o da Franco. Qualcosa che sta arrivando anche da noi con la criminalizzazione giudiziaria del dissenso, vedi no Tav o no Muos, e che rende non solo strumentale e ipocrita, ma anche volgare e sfacciato il lamento per l’Ucraina alla quale peraltro, dopo aver fatto la frittata, si negano gli aiuti fatti balenare durante i giorni di piazza Maidan. Questo si che dovrebbe essere tema per la sinistra che tuttavia agonizza tra balbettii e silenzi. La verità è che “un’altra sinistra è possibile”. Anzi necessaria.