Ucraina: scenario transnistriano?

Creato il 29 gennaio 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Negli ultimi giorni la situazione in Ucraina sta peggiorando a vista d’occhio.

I disordini, nati dalla sospensione da parte del governo ucraino della stesura dell’accordo di associazione alla UE, che inizialmente (dalla fine di novembre dell’anno scorso) erano circoscritti alla piazza Maidan (ormai ribattezzata “Euromaidan”), il cuore di Kiev, hanno travalicato la piazza e la capitale. Nelle ultime giornate le azioni e i blitz dei manifestanti si stanno diffondendo a macchia d’olio in molte città delle regioni centro-occidentali dell’Ucraina: basta un rapido sguardo sulle novosti (notizie) delle varie agenzie per rendersi conto del dilagare degli attacchi.

Nell’Ucraina centrale, gli attivisti hanno occupato le sale del Consiglio regionale a Poltava chiedendo le dimissioni del governatore. I manifestanti hanno anche occupato lo stesso organo amministrativo nella città di Vinnica, di Rivne e di Černigov. Nella città di Čerkassy le forze dell’ordine hanno respinto l’assalto dei manifestanti al palazzo dell’Amministrazione statale della Regione.

Azioni simili sono state compiute anche in molte città della parte occidentale dell’Ucraina. A Leopoli, epicentro del nazionalismo ucraino, circa duemila persone hanno chiesto e ottenuto le dimissioni del governatore della Regione; nonostante non sia previsto dalla normativa vigente, nella città è stato istituito un comitato esecutivo che assumerà le funzioni di amministrazione regionale. Nella città di Ternopol’ il consiglio regionale, considerando screditato l’attuale potere, ha riconosciuto un nuovo consiglio popolare. Nella città di Užgorod circa un migliaio di attivisti stanno picchettando il palazzo dell’Amministrazione regionale della Transcarpazia. Anche nella città di Ivano-Frankivs’k i manifestanti hanno attaccato e occupato il palazzo dell’Amministrazione regionale. Lo stesso copione anche nella città di Černovcy e di Chmel’nyc’kyj.

I disordini stanno interessando anche le grandi città industriali di Dnepropetrovsk e Zaporož’e nell’Ucraina centrale-orientale, dove i manifestanti hanno tentato l’assalto ai palazzi governativi. Intanto nelle regioni orientali, lo zoccolo duro dell’elettorato del presidente Janukovič, centinaia di cittadini, escono nelle piazze per sostenere il governo attuale, come avvenuto ad esempio nella città di Donec’k.

Difficile immaginare una tale “sincronia” in assenza di una precisa regia (proprio ora che la Russia è impegnata in Ginevra-2 e si avvicinano le Olimpiadi invernali a Soči). Sembra che l’opposizione stia giocando a far la rivoluzione, anche se (secondo il mio avviso) non si può parlare di reale “rivoluzione”. Non esiste “rivoluzione” quando invece di puntare alla trasformazione delle strutture sociali esistenti si mira semplicemente a rovesciare con la forza un gruppo di dominanti per sostituirli con altri, in questo caso più proni al potere euro-atlantico.

Che il paese, da tempo, per tutta una serie di ragioni storiche e identitarie, sia diviso tra una parte centro-occidentale e una parte sud-orientale è ormai risaputo. Ora però, nel momento in cui in queste città non viene riconosciuta l’autorità del governo centrale, queste azioni stanno determinando una divisione non solo “percepita”, ma anche “reale” all’interno del Paese. Siamo di fronte ad un concreto tentativo di “spaccare” il Paese. Ora però, per l’attuale governo in carica, sarà più arduo “riconquistare” la propria autorità in queste città.

Se solo i manifestanti arrivassero poi a dotarsi di armi, ecco che la situazione potrebbe facilmente deflagrare in un’autentica guerra civile e far scivolare il Paese in un sanguinoso scenario, che, personalmente, non riesco ancora a paragonare a quello libico o siriano. Gli oppositori non sono “Al Qaeda” o altre organizzazioni analoghe; inoltre, a confronto, la situazione è ancora decisamente più calma. C’è il rischio, però, che prima o poi un presidente di un qualsiasi Paese della UE possa iniziare a riconoscere uno dei capi della rivolta come legittimo leader del Paese, e l’assembramento di Piazza Maidan come legittimo pseudo parlamento, con le conseguenti pressioni su Kiev per indurre il presidente in carica a passare ai manifestanti il testimone per la guida del Paese.

Certamente molto dipenderà anche dalla reazione degli abitanti delle regioni orientali e meridionali del Paese che, come sappiamo, tendenzialmente sono di orientamento filorusso. Non dobbiamo dimenticare che in Ucraina vivono oltre 8 milioni di russi (oltre il 17% della popolazione totale), soprattutto concentrati in queste regioni. A questo punto cosa farà la Russia? Presumibilmente non rimarrà impassibile, non abbandonerà al loro destino tanti russi.

Ed ecco che qui si prospetta uno scenario, a mio avviso, di tipo “transnistriano” ,nella misura in cui almeno una parte sostanziale del Paese (la parte orientale-meridionale, includendo certamente anche la Crimea) potrebbe diventare un protettorato della Russia. Non ultimo, anche il fatto che sullo sfondo di tale situazione, come riportato da un prestigioso sito russo di politica internazionale, Bucarest con un ardito colpo di mano potrebbe prendersi carico della sicurezza dei romeni della Bucovina e di Odessa fino ad ipotizzare, in caso di peggioramento della situazione, l’invio su tali aree delle proprie truppe; voci simili sono state sentite anche tra gli ungheresi della Transcarpazia: si vocifera che per la loro protezione Budapest sia pronta a inviare truppe sul territorio di questa regione. Si potrebbe concretizzare uno scenario che, a differenza della minuscola Transnistria, in questo caso sarebbe incredibilmente amplificato, visto che parliamo di un Paese, l’Ucraina, di 50 milioni di abitanti, nel ventre dell’Europa orientale, confinante per 1.500 km con la Russia.

L’Unione Europea, nei suoi comunicati, continua a sostenere i manifestanti, esortando il governo ucraino a non usare la forza per sedare la protesta (barricate, assalti con le molotov alle forze dell’ordine e ai centri di potere…). Il presidente dell’Unione europea Herman Van Rompuy ha condannato “l’uso eccessivo della forza e della violenza contro i manifestanti da parte delle autorità ucraine”. Chiede inoltre “l rilascio immediato di tutti i prigionieri per la loro partecipazione alle manifestazioni pacifiche. Difficile capire che cosa in realtà stia sollecitando se non auspicare la capitolazione del governo stesso (immaginiamo un Paese, nella democratica Europa, dove l’opposizione politica arrivi agli eccessi che stiamo vedendo in Ucraina senza un massiccio e risolutivo intervento delle forze dell’ordine: sarebbe impensabile!).

Il presidente Janukovič, al fine di trovare una soluzione di compromesso con l’opposizione, ha compiuto una mossa inaspettata: cercando di cooptare nella squadra di governo 2 capi dell’opposizione ha offerto l’incarico di primo ministro a Arsenij Jacenjuk, leader del gruppo parlamentare del partito “Bat’kivščina” (Patria), e l’incarico di vice-premier con delega per le questioni umanitarie a Vitalij Kličko, leader del partito “Udar” (Colpo). Tuttavia, difficile non prevedere il rifiuto a tale offerta da parte degli interessati. Una cosa è incitare la Piazza, un’altra è “sporcarsi le mani” alla guida del Paese che si presenta con una situazione politica economica e sociale di difficile risoluzione. Non solo: accettando, l’opposizione avrebbe perso un’importantissima fonte di slancio della protesta, in quanto non avrebbe più potuto accusare il solo presidente Janukovič della disastrosa situazione economica e sociale del Paese. Inoltre i leader dell’opposizione avrebbero dovuto sciogliere l’“Euromaidan” piena di ostinati nazionalisti che non sembrano affatto disposti né a ridimensionare il tono delle loro rivendicazioni, né a ritirarsi dalle loro “conquiste sul campo”, supposto che continuino ad obbedire ai loro leader qualora stessero all’interno della squadra di governo.

Il campo d’azione del presidente Janukovič va sempre più restringendosi, schiacciato non solo dalle richieste dei manifestanti ma soprattutto dalle ormai pressanti ingerenze esterne. In quest’arena dove ormai lo scontro si è fatto frontale, la sua debolezza corrisponde alla forza dell’opposizione, la sua indecisione alla sempre maggior intraprendenza dei manifestanti. Se il governo ucraino continuerà a procrastinare, presto perderà completamente il controllo della situazione e le conseguenze saranno drammatiche. Qualunque sia l’esito di questa difficile situazione (auguro vivamente che il presidente Janukovič e l’opposizione possano ancora trovare una soluzione di compromesso), l’Ucraina non sarà più come prima.
Ormai, la ventennale politica ucraina di continua oscillazione verso i due orientamenti presenti – l’Europa da una parte, la Russia dall’altra – senza mai arrivare a una posizione definitiva, che in passato, in alcuni casi e sul breve termine, forse è sembrata favorevole, non sarà più fattibile.

L’Ucraina ha esaurito tutte le possibilità per continuare la sua politica su questi binari.
La storia ha imposto un’accelerazione agli eventi che la politica, in Ucraina, non ha saputo né anticipare né adeguarvisi.


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