di Oleksiy Bondarenko
Come si cercherà di approfondire di seguito, uno dei principali fattori alla base della più grande crisi internazionale degli ultimi decenni è stata proprio l’indeterminatezza del ruolo sul palcoscenico della politica europea di quella che è simbolicamente e politicamente l’erede dell’Unione Sovietica, la Russia. Il difficile consolidamento delle nuove strutture statali, la crisi economica e il susseguente sviluppo di una politica più assertiva da parte di Mosca, sono allo stesso tempo cause e conseguenze dell’assenza di una visione politico-culturale condivisa del continente europeo e delle regole che dovrebbero regolare i rapporti tra i suoi principali attori. Proprio la mancata integrazione della Russia e la sempre più difficile coabitazione tra Mosca e Bruxelles hanno contribuito a trasformare le prospettive integrative delle ex-Repubbliche sovietiche in una scelta esclusiva tra Est e Ovest, limitando di fatto la loro sovranità a riguardo di numerose scelte di politica estera. L’approccio recentemente proposto da Samuel Charap e Mikhail Troitskiy che permette di rielaborare in chiave teorica il famoso concetto del “dilemma della sicurezza” di Robert Jervis, ci aiuta in buona misura a far luce sulle complesse dinamiche e conseguenze che hanno caratterizzato il “percorso europeo” di Kiev abortito dall’ex Presidente Viktor Yanukovich.
Il fallimento dell’ultimo ventennio nel gettare nuove basi per le relazioni tra Russia e NATO e limare i punti di frizione tra i loro interessi in materia di sicurezza sul continente europeo, rappresenta un altro fattore meritevole di analisi. Con l’allargamento dell’Alleanza Atlantica in prossimità dei confini della Federazione Russa e lo sviluppo di processi integrativi alternativi guidati da Mosca, il futuro internazionale di Paesi come Ucraina e Georgia ha assunto crescente importanza per il Cremlino. Le ultime tre fasi di allargamento NATO (1999, 2004, 2009) e la crescente opposizione di Mosca, dettata da quella che di seguito viene definita come la fase “neo-revisionista” della politica estera putiniana, hanno contribuito a creare il particolare paradosso legato all’organizzazione guidata da Washington. I recenti sviluppi internazionali hanno evidenziato, in effetti, come la prospettiva di adesione all’Alleanza Atlantica invece di garantire una crescita nella sicurezza delle ex-Repubbliche sovietiche e di conseguenza di tutto il continente europeo, si siano rivelate una delle fonti d’instabilità.
In un quadro generalmente complesso e ulteriormente destabilizzato dalle dinamiche interne dei principali attori, la crisi ucraina ha così lentamente superato la soglia di una crisi politica locale, trasformandosi in un conflitto dal carattere internazionale con profonde conseguenze sul futuro dell’Europa, sui rapporti di forza tra le potenze, sulla loro postura strategico-militare ed sui rapporti economici per i futuri decenni. In assenza di un approccio sistemico, anche gli accordi di Minsk, analizzati nell’ultima parte del lavoro, saranno destinati a rimanere una soluzione temporanea o, nella peggiore delle ipotesi, ad istituzionalizzare una nuova linea di demarcazione tra Est e Ovest.
Scarica gratuitamente il Research Paper N°33/maggio 2015: ”Ucraina, un anno dopo Maidan. Verso un nuovo ordine internazionale?“
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