Ufficio sentimenti smarriti

Creato il 26 gennaio 2014 da Annachiatto @AnnaChiatto

Non tutte le storie hanno un lieto fine. E io purtroppo ve ne sto per raccontare una.

Io amo gli aeroporti. Mi piace l’odore di alluminio misto a sentimenti che si respira, mi piace quel via vai di facce multietniche e mi piace partire, e anche un pò tornare.
Io amo anche i libri perchè mi fanno fare i viaggi più belli.
Il 14 gennaio scorso tornavo dall’Indonesia, mi aspettavano moltissime ore in volo e un paio di scali ma ero felice. Molto felice. Con me avevo “La verità sul caso Harry Quebert” di Joël Dicker, 770 pagine che creano dipendenza. Ero a Jakarta, all’inizio della mia traversata a migliaia di piedi dalla terra, avevo appena passato i controlli bagaglio e passaporto, quando mi accorgo che durante il chek in ho lasciato il mio compagno di viaggio sul banco di uno zelante steward di Emirates. (Lo portano in mano per non lasciarlo mai.) 

Corro indietro ma purtroppo le guardie ai controlli immigrazione non mi lasciano passare, mi reco quindi al Gate quando con aria visibilmente preoccupata chiedo a una hostess di aiutarmi.
- La prego mi aiuti! Ho lasciato un libro sul banco:devo assolutamente recuperarlo!!!
La ancora più zelante hostess si mette a lavoro e insieme a un collega comunicano via radio con l’altra parte dell’aeroporto per recuperare il mio libro che però ci informa di non avere traccia del disperso. Notando la mia disperazione, uno degli incaricati mi chiede di descriverlo meglio.
- E’ uno scritto che contiene informazioni personali che non possono essere divulgate? O si tratta di un libro contabile?
– E’ un romanzo. Uno dei romanzi più belli che abbia mai letto, forse il mio preferito dopo “L’ombra del vento” di Carlos Ruiz Zafòn. Lo avevo iniziato solo da un giorno, ero a metà di una storia entusiasmante. Devo sapere come va a finire. Devo riavere il mio libro!
Mi guarda come se fossi una malata di mente da assecondare, si scambia un’occhiata con la hostess di terra come a dire “Chiama la sicurezza” e delle battute in indonesiano con l’intento di non farsi capire.
- Signora…
Quando sono sull’orlo di una crisi di nervi chiamarmi “Signora” non aiuta.
- L’imbarco è iniziato e fra un pò dovrà avviarsi, stiamo facendo il possibile ma purtroppo dal banco check in ci dicono di non aver ritrovato nessun libro con la copertina bellissima. E’ sicura di averlo lasciato lì?
Quando sono sull’orlo di una crisi di nervi “E’ sicura?” non aiuta.
-  Sono sicura! Non ho visto nessun italiano a parte me in quest’aeroporto, che francamente non è grande e neanche troppo funzionale, deve essere lì! Chi potrebbe avere interesse a prendere un libro nella mia lingua? Dica di controllare meglio!
- Signora…
Leggo già i titoli sui giornali: Italiana uccide indonesiano con il bagaglio a mano.
- Dovrebbe procedere all’imbarco, tutti i passeggeri sono a bordo e saremo pronti alla partenza in poco tempo.
– Provi un’ ultima volta la prego!
A quel punto si erano radunati tutti quelli che avevano un’uniforme intorno a me. Non potevo fare altro:dovevo salire su quell’aereo. E così ho fatto, col cuore a pezzi.
Erano tutti già seduti con le cinture allacciate, qualcuno mi guardava male per essere causa del ritardo, altri con compassione perché piangevo.
La prima cosa che ho fatto tornata a casa è stato scrivere una lettera di reclamo alla compagnia che si è scusata tanto per l’accaduto. La seconda ricomprare un’altra copia del capolavoro perso.
Tutte le volte che lo guardo però non posso fare a meno di pensare all’altra copia, la “mia” copia che sola giace nel magazzino degli oggetti smarriti dall’altra parte del mondo.


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