Qualche parola, un sorriso incoraggiante, la mia imperfezione contro la tua insicurezza e non cerco più il riparo delle scuse.
Uguali senza vestiti, a pelle, bocciati per gli stessi errori.
Se nient’altro dammi almeno un pezzo di liquirizia e ti dirò, va bene, va bene.
Ti perdono.
Aino Suhola
I motivi per cui condividere l’esperienza rappresentata da questa poesia sono molti e si svelano pagina dopo pagina attraverso piani apparentemente contrapposti. Aino Suhola utilizza tutti i registri e i ritmi di cui l’originalità del suo linguaggio dispone incrociandoli in contraddittori spesso lancinanti per rendere al lettore, attraverso un vero e proprio canto, la coscienza della percorribilità di tutte quelle separazioni che precludono l’armonia delle differenze.
Poesia e prosa, donna e uomo, bambino e anziano, la poesia di Aino Suhola si personifica pagina dopo pagina di bocca in bocca, dando voce a madri, padri, figli, reduci chi da una guerra lontana, chi dai postumi di una contemporaneità smagliata e solitaria da cui Suhola intesse una poesia dall’intenzione politica molto precisa. Si badi però che la politica che fa l’autrice attraverso questo libro non ha nulla a che fare con i luoghi consoni al potere, ma bensì è la politica di cui la parola è stata capace fin dai tempi in cui poesia e religione erano indissolubilmente legate e ognuna riconoscibile in un ruolo preciso svolto nell’ambito delle comunità. vs
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