Ulivi, abeti, ciclopi & mammut

Creato il 08 luglio 2011 da Ilmulinodeltempo @IlMulinodelTemp

POLIFEMO


Di Alberto Majrani
In un precedente intervento (http://ilmulinodeltempo.blogspot.com/2011/05/laltro-ulisse.html), abbiamo visto come tutto il racconto dell’Odissea diventi estremamente logico e realistico una volta che si cambi drasticamente la prospettiva della narrazione Omerica, anche spostandone l’origine nel nord Europa. Vediamo ora alcuni esempi di tipo botanico e zoologico, sempre tratti dal saggio di Alberto Majrani “Ulisse, Nessuno, Filottete”
Esaminiamo il caso dell’ulivo, nominato più volte nei poemi. 

Felice Vinci ritiene che, durante l’optimum climatico postglaciale, il clima consentisse la coltivazione di questa pianta nel nord Europa, analogamente a quello che avviene oggi sulle sponde dei laghi lombardi. Il che è plausibile: tuttavia in Omero l’ulivo è una pianta ben strana, dato che serve per fare attrezzi, oppure pali, come quello che acceca Polifemo, che viene descritto grande e diritto come l’albero di una nave; alcuni studiosi ritengono che ci sia stata una correzione di certe parole della lingua omerica (il dialetto ionico) per rendere più “comprensibili” certi termini: quindi può darsi che l’“ulivo” omerico fosse in realtà un’altra pianta, pressoché sconosciuta nell'ambiente greco, come forse una betulla o un tasso, o meglio ancora un abete, il cui nome greco (elati) assomiglia parecchio a quello dell’ulivo (elaia). 

Dato che nel clima nordico gli abeti crescono al livello del mare, mentre nel Mediterraneo no, qualche antichissimo copista, ignorando l’origine nordica del poema, può aver pensato bene di correggere quella strana anomalia botanica. Ma questo è uno dei pochissimi casi in cui si può pensare a una piccola modifica del testo originale, avvenuta in epoca successiva alla prima stesura, a differenza della miriade di casi che si è obbligati a immaginare con le tradizionali interpretazioni. Ma è logico pensare che l’albero di una nave sia fatto con un tronco di abete, e non certo di ulivo, che è quasi sempre contorto e nodoso. Si aggiunga che Omero non parla mai di “olive” e che spesso parla di olio, che però non viene mai usato per usi alimentari, ma solo per ungere il corpo. Ammesso che non fosse addirittura un prodotto d’importazione, c’è da chiedersi che tipo di olio fosse; il mio sospetto è che potesse trattarsi di un olio di lino, visto che c’è un passo che mette in relazione la tessitura con l’olio:
Dalle tele in lavoro goccia limpido l’olio  (Od., VII, 107)
Ma non è neanche da escludersi un olio animale, di foca o di fegato di merluzzo, se non addirittura di balena.

Ritornando a parlare di Polifemo, miti simili si ritrovano con qualche variazione in parecchie saghe nordiche; molti studiosi attribuiscono la nascita del mito dei Ciclopi al ritrovamento, da parte dei marinai dell’antichità, dei crani degli elefanti, in cui l’ampia fossa nasale di forma ellittica induce a pensare alla presenza di un unico grande occhio in mezzo alla fronte. Ed aggiungono che sulle isole del Mediterraneo erano presenti degli elefanti nani, estintisi in epoca preistorica, i cui resti potrebbero avere originato la leggenda dei giganti con un solo occhio. 



Io, da buon naturalista, ho fatto alcuni calcoli: il cranio di un elefante nano è lungo circa mezzo metro, e fatte le debite proporzioni, un uomo con un cranio simile dovrebbe essere alto all’incirca 4 o 5 metri. Non male per un gigante, ma troppo poco per terrorizzare un gruppo di valorosi guerrieri, né tantomeno per prenderli a due per volta nelle mani “come cuccioli” e sbatacchiarli brutalmente. Per far ciò bisognerebbe essere alti almeno il doppio, ed avere perciò il cranio di almeno un metro, come quello di un mammut! 



Quindi anche in questo caso il discorso fila: Polifemo aveva il cranio non di un raro elefante nano insulare, ma di un ben più grande e comune mammut, animale di cui si era perso il ricordo all’epoca, essendo  ormai estinto da tempo,  e del quale non è difficile tuttora trovare i resti nelle regioni nordiche!
Foto di Alberto Majrani www.photomajrani.it
Le foto sono state scattate al Museo di Storia Naturale di Parigi e al  museo di SperlongaUn altro articolo su http://ilmulinodeltempo.blogspot.com/2011/06/comera-fatto-larco-di-ulisse-e-perche-i.html Inoltre sul sito www.filottete.it  trovate recensioni, interviste, riassunti e una lunga videoconferenza assieme all'archeoastronomo Guido Cossard

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