Anche quest’anno durante la Festa della Dea, la Curva Nord ha organizzato un dibattito informativo sul fenomeno repressivo dentro e fuori gli stadi. L’anno scorso il dibattito è stato incentrato sulle similitudine fra il caso Stefano Cucchi e Antonio Speziale. L’analisi a conclusione del dibattito lascia parecchi nubi scure sul futuro delle manifestazioni di piazza; siano esse sportive o sociali.
La cronistoria della giornata
Sul palco, invitati dalla Curva Nord, il senatore Vito Crimi, gli avvocati Giovanni Adami, Lorenzo Contucci e Giuseppe Lipera.
Davanti ad una platea di circa un migliaio di persone, un giovane esponente della Curva, introducendo il dibattito ha voluto ricordare come la “cieca repressione” si stia abbattendo ormai da anni sul movimento ultras, ed in particolare su quello bergamasco. Un esempio su tutti, il maxiprocesso che vede 140 persone alla sbarra per vari reati da stadio; 6 ragazzi in particolare sono accusati di associazione a delinquere, richiesta che il Giudice delle Indagini Preliminari ha già rigettato per ben due volte. L’accusa tuttavia ha già presentato ricorso in Cassazione continuando a sostenere il reato associativo. Sul tema è intervenuto l’avvocato Adami che ha voluto evidenziare l’iter giudiziario in corso, prima di passare ad introdurre il tema delle leggi repressive dentro gli stadi e del futuro inasprimento di esse.
Il dibattito ha poggiato poi sull’art. 9 della Legge 41/2007 (Legge Amato), definito dagli ospiti del dibattito come un mero strumento di repressione; una norma ritenuta dai presenti incostituzionale e di estrema pericolosità in generale per il futuro di ogni manifestaizone di piazza o di dissenso: viene infatti fatto divieto di accesso a qualsiasi impianto sportivo a chi abbia subito una sentenza anche di primo grado per reati “da stadio”.
L’avvocato Contucci di Roma ed il collega di Udine, legali di riferimento del movimento Ultras in Italia, hanno posto poi l’accento sull’incrinatura giuridica che ne consegue dopo l’applicazione e l’interpretazione della norma data dall’ex ministro Maroni. Il rischio concreto è quello di essere condannati a scontare due volte la stessa pena, prima con l’applicazione del DASPO (provvedimento amministrativo emanato dal questore) e poi con l’eventuale condanna anche solo in primo grado. Cosi si lede un diritto giuridico basilare secondo cui un soggetto non può scontare due volte la stessa pena. Nel caso dell’art. 9 “scontare la pena, non è più sufficiente per riabilitarsi” fanno eco gli avvocati Contucci e Adami, “sempre che accendere un fumogeno o introdurre uno striscione allo stadio possa essere considerato un reato” chiosa Adami.
Il senatore Crimi avvicinatosi alle leggi speciali in materia di ultras partendo dall’esperienza e dallo studio delle norme che hanno colpito il movimento No Tav in questi anni ha voluto spiegare le ragioni del proprio interesse per la battaglia per la modifica dell’art. 9, culminato nell’incontro istituzionale dello scorso 11 aprile a Roma dove una rappresentanza di oltre 40 tifoserie italiane si è riunita con alcuni esponenti politici per discutere e proporre la modifica dell’art. 9, norma che attualmente lo stesso Crimi ha definito come illiberale per un sistema che si voglia definire democratico. Il Senatore ha poi sottolineato la disinformazione dei media nazionali che hanno parlato dell’incontro dell’11 aprile solamente dopo i tragici fatti della finale di coppa Italia, ancora una volta per strumentalizzare l’incontro nel tentativo di affossare il percorso di modifica dell’art. 9.
L’avvocato Lipera difensore di Antonio Speziale ha concluso l’incontro aggiornando in merito alla vicenda giudiziaria dell’ultras catanese, ancora in carcere per l’omicidio dell’ispettore Raciti nonostante i molteplici indizi che lo scagionerebbero: l’assenza di un video che ritragga i presunti colpevoli e soprattutto la pista “blu” (dichiarazioni e circostanze che sposterebbero le responsabilità dell’accaduto verso i colleghi dell’ispettore deceduto). Lipera ha anche ricordato ai presenti che i tragici fatti di Roma sono stati anche il pretesto per i media nazionali di attaccare chi, con una innocua maglietta, ha preso le difese di Antonio Speziale, distogliendo l’attenzione da eventi ben più gravi.
I fatti di Roma: un ulteriore pretesto per il solito giro di vite
Le dichiarazioni del ministro Alfano all’indomani dei fatti di Roma lasciano poco spazio alle interpretazioni. La proposta sul tavolo dei ministri è un’ulteriore inasprimento delle norme con un nuovo “pacchetto sicurezza” sfruttando l’ondata mediatica della morte dell’ultras napoletano Ciro Esposito. Il nuovo pacchetto di norme che contra fra le proposte il “DASPO di gruppo” e l’inasprimento per i recidivi (8 anni di DASPO) ed i leader dei gruppi ultras, potrebbe essere esteso, dopo recenti dichiarazioni, anche alle manifestazioni pubbliche di piazza.
A tal proposito i dibattito si è soffermato sulla repressione da stadio come anticamera per sperimentare nuove forme di repressione e controllo sociale. Le dichiarazioni di Alfano ne sono la dimostrazione. La pericolosità delle dichiarazioni è palese secondo tutti i legali interventi alla Festa delle Dea.
L’avvocato Contucci ha tenuto ancora una volta a ribadire come il DASPO, ancora prima dell’applicazione dell’art. 9, costituisca uno strumento al limite della costituzionalità, preventivamente infatti il questore con il DASPO può vietare a soggetti ritenuti inidonei a partecipare ad eventi pubblici sportivi l’accesso agli stadi in quanto luoghi pubblici. Chi perché indossava le magliette “Speziale libero” chi perché ha acceso un fumogeno in curva. In queste situazioni al tifoso “colpevole” viene comminata una sanzione senza potersi difendere, ma solo impugnando a posteriori il provvedimento amministrativo quando questo è già stato affibbiato e magari quasi completamente scontato. Per chi ha subito un DASPO in passato essere all’autogrill con altri soggetti che possono aver compiuto un un presunto reato rischia di tramutarsi in una nuova pena (DASPO di gruppo) con applicazione della sanzione massima che potrebbe arriva sino a 8 anni di interdizione dagli stadi.
Se il nuovo “pacchetto sicurezza” dovesse diventare legge, a settembre verrebbero aggravate norme già pesanti e potrebbero essere estese anche a tutte le manifestazioni di piazza. Se destavano parecchi dubbi i DASPO applicati sino ad oggi, immaginiamo che per il movimento ultras, ma in realtà per tutti coloro che manifestano dissenso ci sia da preoccuparsi. “Prima allo stadio e poi a tutta la città” è uno slogan che riecheggia spesso nelle curve italiane. Riferendosi proprio alla natura “sperimentale” dei dispositivi di controllo e repressione applicati al movimento ultras.
Evidentemente Renzi e Alfano ritengono che il periodo storico sia ormai maturo per “appuntire le armi” ed estendere anche al dissenso sociale le forme di repressione da stadio.
Le soluzioni all’italiana
Un capitolo a se stante è stato dedicato alla stampa sportiva e non; stampa che all’indomani della disfatta dal mondiale brasiliano indicava fra le cause anche gli ultras e annoveravano fra le soluzioni per il nostro calcio un modello repressivo sulla scorta di quella inglese. “Mi dite per favore cosa c’entra il movimento ultras se Pirlo non corre più? Mi dite, di grazia, cosa c’entrano gli ultras se Balotelli non segna?” sentenzia l’avvocato Adami.
Il modello inglese tanto decantato quale soluzione del fenomeno dai giornalisti sportivi e non, ma funzionale solo a chi il calcio lo governa e ci lucra, poggia su basi ben diverse in realtà. In primis stadi di proprietà mentre la competenza di vietare l’ingresso negli stadi è rimessa ad un giudice e non ad questore con evidente tutela, quanto meno, dell’imputato di potersi difendere.
In Italia si è invece da sempre imposto un sistema repressivo basato sull’eccezionalità e l’emergenza privo di tutele giurisdizionali come dimostrato dall’applicazione dell’art. 9 oltre che da leggi speciali, ad esempio l’arresto in flagranza (ovvero essere pizzicati mentre si commette il presunto reato sul fatto) che per i soli reati da stadio è divenuta “flagranza differita” e quindi passibile di arresto anche a distanza di 48 ore dal fatto stesso. Di fatto non in flagranza.
Da segnalare infine la presenza di una delegazione in rappresentanza della Curva “B” di Napoli, tifoseria fra le più odiate ma anche rispettate dagli ultras atalantini. Un lunghissimo applauso per Ciro Esposito ha preceduto l’intervento dell’ultras dei Fedayn, a riprova di una comunione di intenti e valori nelle lotte che il dibattito di sabato ha voluto rimarcare.
Fonte:BGReport via Sportpeople.net