Umanzuki

Creato il 31 gennaio 2016 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Veloce scambio di battute col gruppo toscano (che risponde “collettivamente”). Dopo una prima fase di rodaggio, gli Umanzuki hanno cominciato, da un paio d’anni circa, a far uscire lavori sempre più criptici e legati all’elettronica, usando i sintetizzatori al posto delle iniziali chitarre. Strada facendo stanno mettendo le basi per un discorso che, all’aumentare degli ascolti, si fa sempre meno definibile e a conti fatti più interessante. Teneteli d’occhio, vi abbiamo avvisati.

Ciao ragazzi. Allora, facciamo un po’ il punto della situazione. Siete arrivati, se non erro, alla quinta uscita ufficiale, le prime due più avant-rock-qualcosa (in qualche modo devo definirle…), e le ultime tre più focalizzate su elettronica e ambient. Cos’è successo di preciso, quali cambiamenti sono avvenuti tra queste due fasi?

Ciao Maurizio. Innanzitutto, per quanto ci riguarda, le nostre uscite ufficiali sono tre. I precedenti lavori erano dei tentativi espressivi non a fuoco. Successivamente, con l’ingresso nel collettivo di Brando (Nencini, ndr), abbiamo sentito crescere determinate esigenze espressive.

Un dato che mi colpisce è che praticamente per ogni lavoro avete cambiato etichetta. Siete degli irrequieti per natura? E come siete riusciti ad intercettare l’americana Beer On The Rug per Nemi?

Certamente siamo degli irrequieti. Questa irrequietezza non ha mai influito nella scelta delle label coinvolte nei nostri lavori, ma è una costante nelle nostre composizioni. Il cambiamento è dovuto al fatto che determinate uscite necessitavano di determinati ambienti per potersi esprimere. Beer On The Rug, per esempio, è un’etichetta alla quale siamo particolarmente legati sia per fattori d’ascolto, sia per fattori etici.

Ora ditemi da quali percorsi musicali provenite, e da che tipo di ascolti pure…

Tutti noi proveniamo da ascolti e situazioni di musica d’improvvisazione.

C’è un fil rouge direi “storico” che accomuna le ultime uscite, la dedica a nomi e culti del passato. Avete una particolare passione per la Storia Antica?

L’antichità rappresenta un immaginario comportamentale-antropologico utile a comprendere presente e futuro. Da questo punto di vista Tropical Nature Of Tiaso, Porta e Nemi sono stati per noi un indispensabile percorso di crescita artistica, sia a livello emotivo, sia espressivo.

Cosa vi ha dato, e cosa no, il venire accostati alla psichedelia italiana? Peraltro ho sempre sostenuto che voi siete un esempio abbastanza “a parte” rispetto a quel particolare linguaggio sonoro…

Sicuramente l’aver fatto parte dell’Italian Occult Psychedelia è stato per noi motivo di maturazione, ma non un vincolo etico/stilistico. Per questo probabilmente la nostra attitudine all’interno di questa corrente può essere considerata weird.

Specie ascoltando Porta e Nemi si evincono affinità con la techno più oscura, e con una forma di elettronica quasi di stampo “isolazionista”. Le mie orecchie funzionano ancora bene?

Abbiamo certamente una forte matrice isolazionista, e questo è dettato dal fatto che condividiamo la stessa coscienza collettiva.

Mi dite quali dischi state ascoltando in questo periodo?

Al momento stiamo ascoltando tanto del catalogo Actuel, e molto del collettivo artistico NON Records.

Farete prima o poi un album più lungo del solito, o vi interessa pubblicare solo su formati “brevi”?

Non ci siamo mai soffermati sulla durata dei lavori ma sulla loro espressività, quindi non sapremmo cosa risponderti. L’uscita per Kohlhaas, prevista per marzo, avrà una durata di circa trenta minuti.

Interviste umanzuki

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