Umimachi diary (海街diary, Our Little Sister)

Creato il 20 maggio 2015 da Makoto @makotoster


Umimachi diary (海街diary, Our Little Sister). Regia, sceneggiatura e montaggio: Kore-eda Hirokazu. Fotografia: Takimoto Mikiya. Musica: Kanno Yōko. Scenografia: Mitsumatsu Keiko. Produttore: Matsuzaki Kaoru, Taguchi Hijiri. Personaggi e interpreti: Ayase Haruka (Sachi), Nagasawa Masami (Yoshino), Kaho (Chika), Hirose Suzu (Suzu) Ootake Shinobu, Kiki Kirin, Kase Ryō, Fubuki Jun, Lily Franky. Distribuzione: Kaga Corporation. Durata: 128’. World Premiere: 14 maggio 2015 - Cannes Film Festival. Uscita in Giappone: 13 giugno 2015.
Links: Trailer - Nick Roddick (Sight&Sound)Punteggio ★★★★1/2  (4,5/5)
Tre sorelle, Sachi, Yoshino e Chika – vivono insieme in una grande casa nella città di Kamakura. Quando il padre (che si è allontanato dalla famiglia anni prima) muore, vanno insieme al suo funerale e incontrano la sorellastra adolescente e timida, Suzu, con cui instaurano subito un legame profondo. La invitano a trasferirsi da loro per sempre, dando così inizio per tutte ad una nuova vita.
Inizia e finisce con un funerale il nuovo film di Kore-eda Hirokazu, Umimachi Diary, che sorprende per la profonda pace che si respira in ogni inquadratura, per l’equilibrio che nulla e nessuno riesce mai a spezzare, neppure le incomprensioni o le separazioni. Si potrebbe parlare di malinconica felicità, grazie allo sguardo dolce di un regista che mette da parte per una volta le tensioni e filma la realtà nel suo svolgersi. Tre generazioni raccontate restando legati alle piccole cose di un presente instabile, ma pieno di regali. La vita che prende forma sullo schermo con la semplicità disarmante del vivere.
Umimachi Diary (Our Little Sister recita il titolo internazionale) è tratto dal manga di Yoshida Akimi e ricorda Piccole donne di cui conserva il modo comune di raccontare una famiglia atipica e sbilanciata, che gioca lungo la linea temporale del passato-presente-futuro con tutte le carte possibili dell’ottimismo. Siamo, dunque, nel territorio da sempre analizzato dal regista giapponese: la famiglia e le sue disfunzioni, qui straordinariamente rappresentate attraverso i ripetitivi momenti conviviali che uniscono le quattro protagoniste e tutti i personaggi che ruotano loro intorno. Un diario, appunto, proprio come recita il titolo, scritto attraverso gli stratagemmi semplici della ripetizione e del resoconto piano di avvenimenti senza importanza. Perché non è lo straordinario che crea il film, ma l’ordinario, il procedere semplice della vita di tutti i giorni. Storia lieve di sole donne, che non inizia e non finisce, semplicemente accade, come se la macchina da presa avesse incrociato quest’avventura per il tempo necessario a farci entrare in un microcosmo quasi magico, che non conosce impennate drammatiche.
Il compito di dettare il ritmo narrativo e visualizzare il gioco della memoria è affidato da Kore-eda ai sapori della cucina. Episodi e persone care vengono ricordate attraverso una ricetta o il profumo di un liquore: modo antico di rappresentare il tempo, che si riempie di una dolce nostalgia. Tesori di famiglia, verrebbe da dire, che generano parole, sorrisi, riflessioni, omaggi (e alcuni di essi stanno chiusi in ripostigli segreti sotto il pavimento). Ai cibi si affidano i ricordi e, grazie ad essi si rafforzano o si creano i legami. Eppure l’attenzione di Kore-eda è completamente dedicata al presente. Come si rinnova il presente ad ogni istante? Quali tracce restano nell’istante successivo? Le risposte sono molte, ma tutte visibili e concrete, eppure impalpabili e difficilmente spiegabili. Perché l’abilità più grande del regista di Soshite, chichi ni naru (Tale padre, tale figlio, 2013) sta nella leggerezza con cui la vita sa essere misteriosa e facile al tempo stesso. [Grazia Paganelli]

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