un africano

Creato il 04 settembre 2012 da Gaia

Oggi ero in merceria, in via Poscolle, a comprare dei bottoni di madreperla, perché non voglio la plastica anche se costa meno.
Ad un certo punto è entrato un giovane uomo africano, chiedendo l’elemosina. Aveva il portafoglio aperto e mostrava la foto di due bambini. La tecnica della pena è usata da quasi tutti i tipi di mendicanti, ed è difficile distinguere quelli in malafede da quelli in buona fede. Che io sappia, gli africani lo fanno perché devono, non per mestiere come altre categorie. Ho guardato in faccia quest’uomo per cercare di capire se i soldi sarebbero andati in alcol o droga, ma non è che io abbia questo gran occhio clinico. Non so voi ma io non ho una politica dell’elemosina, decido di volta in volta e magari mi pento.
Comunque a quel punto la titolare della merceria si è fatta scura in volto e gli ha gridato: ‘fuori! queste cose si fanno fuori!’, indicando la porta. Io capisco il fastidio dei negozianti quando queste persone disturbano i clienti, ma avrebbe potuto chiedergli di uscire in maniera più gentile. Io l’ho accompagnato alla porta; mi diceva: “you see, people have no respect”. Volevo rispondergli: ma non è perché sei nero. Mi è anche capitato chi vedesse razzismo dove non c’era. E poi mi diceva: “please, I have no job”. Neanch’io, gli ho risposto in buona fede. Solo dopo mi sono resa conto che non è vero, cioè che ho detto involontariamente una bugia. In quel momento però pensavo: siamo disoccupati tutti e due, con la differenza che io sono nata qui.
Ho letto in molte fonti credibili che gli africani tra gli immigrati sono i più orgogliosi, che non raccontano la verità su come vivono e vengono trattati in Europa, perché non vogliono apparire dei falliti e comunque non verrebbero creduti. Quindi sono costretti a mandare soldi e a perpetuare il mito dell’Europa Eldorado, quello che spinge altra gente a partire, invece che magari migliorare le cose in patria. Un po’ come gli italiani, con la differenza che la situazione per loro è meno tragica. Questo ho letto e sentito dire più volte. Io non so nulla di quell’uomo, ma mi chiedo cosa succederebbe se mettesse via tutti i soldi che gli vengono dati, e si comprasse un biglietto per tornare a casa. Non è un buon momento per stare qui senza lavoro, gli italiani sono a loro volta in difficoltà, anche se nemmeno lontanamente come loro, e comunque questo non giustifica un trattamento aggressivo come quello della signora della merceria.
Io cerco di aiutare i negozi della mia città piuttosto che le catene e i centri commerciali, ma devo dire, come ho già detto in passato, che i commercianti udinesi non se lo meritano. Sono spesso maleducati, per non parlare di tutte le campagne che fanno contro la mobilità sostenibile, credendo che questo li aiuti. In quella merceria, in via Poscolle, ho provato sensazioni veramente sgradevoli, non ci voglio tornare. Adesso non so più in che merceria andare. Anche in quella in viale Venezia o da Mafalda in centro sono spesso scortesi, ma almeno lo sono con i cittadini italiani.


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