Lunedì 10 febbraio 2014
CAMMINARSI DENTRO (481): Un’altra nascita?
*
Ripensare intere porzioni della propria vita recente e dislocarsi su nuove posizioni, assumere una nuova posizione, occupare una posizione diversa da quella occupata magari per venti anni, non è facile. Non basta ‘pensare’ le cose, se restiamo fermi nel posto in cui pensavamo ciò che oggi non ci convince più o non è più conveniente, funzionale. Dev’essere accaduto qualcosa nel sottosuolo. Non pretendo di spiegarmi tutto oggi. Probabilmente, le spiegazioni non basteranno a guidare il ‘nuovo corso’ delle cose. Sarà utile restare in ascolto, osservarsi vivere, per cogliere il senso di questo nuovo che avanza.
E’ un atto fortunato quello che si è ‘innescato’ qualche ora fa. Mi sono ritrovato a pensare più cose contemporaneamente. Ognuna contribuiva a chiarire l’altra. Ma, soprattutto, una di esse sormontava le altre, contribuendo a suscitare in me una leggera allegria, come se qualcosa si mettesse a posto. Assegnare un significato nuovo ad una persona che ne ha avuto uno sempre uguale per venticinque anni non è cosa di poco conto. Di qui, l’allegria che provo. Naturalmente, è una sorta di ‘liberazione’, perché ora mi sento veramente libero dall’influenza assoluta esercitata su di me da una persona lungamente amata.
Non è scomparso del tutto l’affetto che mi lega(va) a lei. Diciamo che ha un significato nuovo. Simpatia, amicizia, compassione…? Il senso che assumerà questo nuovo sentire in parte dipenderà dall’accoglienza che gli sarà riservata. Ogni volta di nuovo è così. Può sussistere un’amicizia non condivisa? Può darsi un amore non ricambiato? Sicuramente, potremo provare umana simpatia e forse compassione per una persona di cui avvertiamo in modo irrimediabile i limiti fino al punto che potremmo parlare di una forma di esistenza mancata. Un manierismo?
L’emozione positiva che provo coincide con la chiara sensazione che sono ‘libero’ di prendere decisioni personali e su questioni legate al ruolo sociale condiviso con lei senza sentirmi più condizionato dal suo umore irascibile e dai suoi ‘capricci’.
Umore e ‘capricci’ possono costituire ‘tutta’ la vita di una relazione, al punto che nessuna razionalità, ragionevolezza, equilibrio, misura, prudenza debbano mai prevalere su un primato che si riduce alla risposta, alla risulta, al rilancio e basta? Vivere di risulta significa che lei si esprime solo ‘dopo’, mai in prima persona e subito: l’ultima parola spetta sempre e solo a lei. Io debbo esprimere i miei sentimenti e difendermi ogni giorno da tutte le accuse, le insinuazioni, i sospetti; lei è al di sopra del bene e del male. Se faccio una domanda, non ricevo mai una risposta ma un’altra domanda. Se sono di buonumore, debbo giustificarmi, quando non vengo apostrofato con espressioni volgari e offensive. Tutto poggia sul ‘rilancio’: lei non fa altro che ribattere ad ogni cosa, fino alla mia resa incondizionata.
Questo presente immobile ed eterno nella sua sterilità è finito. Le ceneri infeconde dell’impietrata lava sono lì, a testimoniare che forse un tempo c’è stata vita nelle regioni attraversate, ma il risultato del passaggio dell’onda pestifera è solo distruzione e morte.