Ultimamente, per lavoro viaggio spesso in treno. Dalla mia cittá natale, Brescia, ogni settimana mi reco a Bolzano per qualche giorno. Il racconto che segue è nato da questa esperienza, raccogliendo, in parte, i sentimenti e i pensieri nati da questo cambiamento, seppur parziale e momentaneo, per trarne una storia che, forse un giorno, sarà vera.
UN’ALTRA VITA
Scesi dal treno con una valigia mezza vuota e la testa piena di desideri. Non mi aspettavo grandi cose. Solo una vita normale, indipendente. L’occasione giusta per ricominciare mi si era presentata all’improvviso, un lunedì mattina, con una telefonata. Avrei avuto un nuovo lavoro, in una nuova città, abitando in un nuovo appartamento. Una nuova vita a tutti gli effetti. La mia risposta positiva a quell’offerta non fu immediata. Sarebbe stato un salto enorme, un cambiamento che non sapevo se sarei riuscita ad affrontare con le mie sole forze, una sfida che non credevo di poter vincere. Ma mi erano bastati pochi attimi per digitare sul mio telefonino quel numero che, poco prima, mi aveva contattato e dirmi disposta a fare i due giorni di prova che mi erano stati proposti.
Erano passati tre mesi da quel primo contatto. Tre mesi in cui mi ero impegnata a organizzare tutto nei minimi dettagli. Non avevo paura di stare sola. Potevo sempre avere la compagnia di un buon libro o di bella musica. Potevo fare una telefonata o accedere a facebook e chattare con un’amica. Ciò che davvero mi terrorizzava era il pensiero di essere sola: cominciare una nuova vita, in un’altra città pressoché sconosciuta, significava anche farsi nuove amicizie. Per ogni cosa, avevo una risposta, un’azione programmata, ma non sapevo se e quando avrei trovato nuovi amici. Ero stata in compagnia delle nuove colleghe solo per due giorni e solo per lavoro. Forse loro mi avrebbero aiutato a integrarmi. O forse no. O semplicemente tutto dipendeva da me.
Il lavoro che svolgevo nella mia città natale era bastato fino a quel momento, ma da tempo mi ero resa conto di quanto, in realtà, non fosse più sufficiente per le mie esigenze. Da un po’ mi frullava in testa l’idea di andare a vivere da sola. Non perché in casa non mi trovassi bene. Il problema non era questo. Avevo solo voglia di crescere, di maturare, di assumermi responsabilità che in casa, con i miei genitori, difficilmente avrei potuto prendermi. Con il mio lavoro, ciò era impossibile. Non sarei stata in grado di mantenermi da sola con il poco denaro che guadagnavo. Avrei comunque dovuto rivolgermi a mamma e papà. Sarebbe stato a dir poco patetico.
Aspettavo il cambiamento e al tempo stesso mi metteva soggezione. Lo bramavo, ma respingevo ogni possibilità di riuscita. Pensavo, progettavo disegni che poi finivano in un cassetto sigillato e ben nascosto. Fino a quella telefonata, la chiave che aveva sbloccato il meccanismo.
Arrivata in cittá mi diressi subito alla mia nuova casa, un bilocale arredato, a qualche minuto dal centro. Lo trovai perfetto, pratico, funzionale. In quel momento, mi resi conto che avevo fatto la scelta giusta. Dovevo solo fare spazio alla nuova vita che bussava alla porta e lasciare il resto tra i ricordi, senza rimpianti, senza nostalgia. Era tempo di dare sfogo a quei progetti per troppo tempo repressi.
Mi trovo su un treno, uno di quelli ad alta velocità, che mi sta conducendo a casa. Mi aspettano ore di tragitto. Un tempo che parrebbe interminabile, se non fosse per il paesaggio che scorre fuori dal finestrino e per i pensieri che attraversano la mia mente. Pensieri rivolti a ciò che sto lasciando e a quello che, invece, troveró una volta terminato questo viaggio. Ho portato con me qualche libro, necessario e indispensabile per un soggiorno di pochi giorni. Forse sará l’ultimo viaggio che faró in questa direzione. Oppure no. Mi godo il momento, aspetto di tornare a casa, ovunque essa sia.
Chiara
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