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Un altro soldato italiano morto per la causa afghana

Creato il 27 ottobre 2012 da Ilnazionale @ilNazionale

Un altro soldato italiano morto per la causa afghana

27 OTTOBRE – Ancora una volta la bandiera italiana viene coperta dal sangue di un giovane soldato ucciso in missione, questa volta un 24enne ligure, Tiziano Chierotti. Originario di Sanremo, il caporale Chierotti è stato ferito in modo grave all’addome durante una sparatoria nel sud-ovest dell’Afghanistan, nella zona di Bakwa, e trasportato, in una corsa senza speranze, dal campo medico di Farah a Camp Bastion, dove i tentativi di rianimarlo sono stati inutili.

Sale così a 52 il numero dei soldati italiani caduti in Afghanistan, un numero che pesa sull’Italia come un macigno in una guerra che sembra non finire mai. Una guerra che molti considerano persa in partenza, dato che il popolo afghano è stato a più riprese piegato dal susseguirsi degli eventi storici, ma mai davvero vinto da potenze straniere. Profetiche risuonano oggi le parole pronunciate, qualche tempo prima di morire in un agguato, da un altro alpino, Matteo Miotto: “Questi popoli hanno saputo conservare le proprie radici dopo che i migliori eserciti hanno marciato sulle loro case, invano. L’essenza del popolo afghano è viva. È gente che vive e muore per amore delle proprie radici e che di esse si nutre. Questo strano popolo ha qualcosa da insegnare anche a noi”. Difficile credere che in 11 anni di guerra noi Occidentali abbiamo imparato a comprendere la natura e la mentalità del popolo afghano. Ancora oggi, di fronte alla stima dei caduti in combattimento –più di tremila le vittime, per circa due terzi statunitensi-, non mancano studiosi che considerano piuttosto basso e contenuto tale numero. Una ragione in più, secondo una certa mentalità, per proseguire un conflitto nel quale spesso si combattono nemici invisibili, che appaiono e scompaiono tra gli aspri profili delle montagne, o nel quale si perde la motivazione stessa del combattere.

In piena campagna elettorale Barack Obama, premio Nobel per la Pace, ha ripetuto che le truppe USA lasceranno l’Afghanistan nel 2014. Ma non ha specificato che finora la guerra è stata disastrosa, forse la peggiore degli ultimi cinquant’anni, soprattutto se la si osserva fianco a fianco alla guerra in Irak.

Un altro soldato italiano morto per la causa afghana

Tornando al caporale Chierotti, ora la sua casa è un via vai di parenti e amici che cercano di portare conforto alla famiglia, chiusa nel suo dolore. Dopo il doveroso messaggio di cordoglio espresso dal Presidente Napolitano, dopo la visita di generali e colonnelli dell’Esercito nell’abitazione ad Arma di Taggia; resta l’amarezza per una tragedia che ha spezzato la vita di un giovanissimo, in una sequenza di eventi che si sono già ripetuti per altri 51 soldati italiani prima di lui.

I quattro militari italiani coinvolti in quest’ultima vicenda –tre dei quali feriti ma in condizioni stabili- stavano pattugliando il villaggio di Siav a bordo di un blindato Lince, a pochi kilometri di distanza dalla base operativa “Lavaredo”, quando sarebbero stati attaccati dagli insorti. Nello scontro è morto anche un soldato afghano.

Ciò che dovrebbe porre forti interrogativi agli eserciti occidentali è il fatto che, dopo più di un decennio di guerra e altre migliaia di talebani deceduti -anche come kamikaze- per la “causa”, le fila nemiche ancora non accennino minimamente alla resa, anzi continuino a far esplodere aitanti sostenitori nelle piazze, per le strade, al passaggio di blindati o di truppe isolate.

In attesa che la domanda giunga ai governanti non ci si può non chiedere, però, se davvero il tentativo di “esportare la democrazia” abbia sortito gli effetti sperati o se non si sia trattato, piuttosto, di arroganza militare da parte di chi pensa si possa esportare un modello di vita democratica.

 

Silvia Dal Maso


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