Erano una coppia, una coppia come tante.Lei una donna fragile e sognatrice, talmente sognatrice da trasformarsi in un camaleonte della realtà. sempre pronta, come era, ad adattare la realtà al sogno e non viceversa.Lui chiuso in se stesso, pragmatico, realista fino allo spasmo, combatteva contro i suoi stessi sogni nell’eterna paura di vederli realizzati, nella paura che se ne realizzasse almeno uno.Due mondi limitrofi e paralleli, che trovavano, però, nel dialogo incessante e completo, il terreno della condivisione dell’esistente, in una distrazione di se stessi.Poi lei smise di parlare con lui, e lui non seppe chiedere mai il perché. Non era per indifferenza o egoismo, aveva solo perduto il gusto della parola. Così continuarono a dormire uno accanto all’altra in una empatia stravolta, vivendosi di spalle.Un giorno d’autunno, mentre i mille colori delle foglie raccontavano una tardiva improbabile allegria, lui scostò le tende su una figura esileche attraversava l’orizzonte, scomparendo oltre esso. Oltre il quotidiano, oltre le cose. Oltre.Si scrissero migliaia di lettere non spedite, in una sorta di sfida al silenzio che nutre e custodisce. E finalmente si riconobbero appartenenti, nell’ombra di un Altrove.