Nessuno aveva mai creduto che potesse succedere davvero.
Le apocalissi non si prendevano più in considerazione. Roba d’altri tempi, ormai, favole per gli ingenui. E semmai, qualcosa che prima di distruggere, dà il segnale per essere scongiurato.
Invece no.
Quel giorno il mare era un lago limpido e tranquillo e nemmeno un alito di vento vi spirava.
Bonaccia per settimane, dissero le previsioni. E la gente passeggiava tranquilla, alcuni mano nella mano.
Fu allora che il mare allagò la darsena lentamente, e ad essere stati un po’ più attenti, si sarebbe capito subito che sarebbe andato oltre. Dapprima fu un rigagnolo, una perdita calma, e in seguito una placida piena convinta, che si incamminò senza fretta. Ma con una tremenda determinazione.
Nella solita distrazione del vivere, li sorprese tutti, che non ebbero neppure il tempo di pentirsi, di capire, soltanto c’era addosso l’umidiccio e l’aria che mancava irreparabilmente senza sapere il perché.
Chi chiacchierava sotto i porticati, chi guidava l’auto, chi a far provviste, chi indugiava all’amore, chi si disperava come ogni giorno dei soliti mali.
Tutti portati in giro come relitti senza peso.
Camminava così il mare, lento e robusto, alzava il dito contro l’uomo che con la sua testarda cecità non aveva ascoltato il lamento del pianeta, sordo a ogni segnale, a uccidere la vita, a rosicchiare calotte polari ghiacciai iceberg, fagocitare specie stupende e fragili, ignorando tutto solo perché ciascuno pensava che la bufera avrebbe infierito solo su qualcun altro.
Le case rimasero immobili a guardare. Mostrarono una divina indifferenza nell’assistere all’eliminazione della specie. Una pace assoluta si sparse.
L’onda batteva la rena con cadenzato sciabordare.
Alla fine gli unici spettatori rimasero i monti alti, alcune torri patrizie, e la statua in bronzo di una grande ed encomiabile persona. O almeno ritenuta tale.
L’uomo era un animale piuttosto fallibile. (Marina Salucci)