A mezzanotte avrà inizio un vero e proprio incubo: 93 persone saranno pestate e malmenate durante la ricerca di black bloc da alcuni reparti della digos: 61 feriti portati in ospedale, dei quali 3 in prognosi riservata e uno in coma. Per alcuni l’incubo non finirà che giorni dopo perché sarà trasportato nella caserma di Bolzaneto dove sarà sottoposto da poliziotti, medici e infermieri a torture e umiliazioni paragonabili a quelle avvenute nel corso della seconda guerra mondiale.
Il regista Daniele Vicari, non aiutato né da Rai né da Medusa che si rifiutarono di finanziare il progetto, mette in scena un abile ricostruzione corale degli atroci avvenimenti della Diaz e di Bolzaneto e ha l’accortezza di mettere lo spettatore nella condizione emotiva dei “prigionieri” che quella notte subirono di tutto: una violenza mostrata con l’obiettivo scuotere il solitamente passivo e assopito pubblico e di provocare in esso lacrime, rabbia, e disgusto.
Peccato che qui in Italia il reato di tortura non è previsto dal codice penale e che forse i reati commessi dai 28 poliziotti accusati (tutt’oggi ancora in servizio) cadranno forse in prescrizione per questo motivo senza alcuna condanna effettiva.
L’unica pecca di questa pellicola assolutamente da vedere è che non indaga abbastanza l’insoddisfazione pregressa che provoca l’aggressività dei poliziotti, questione invece trattata discretamente dal film Acab (qui la recensione). Del resto la polizia non è altro che il braccio armato del potere: questa aggressività accumulata dai suoi membri a causa di insoddisfazioni personali e dall’odio altrui (volutamente incanalato verso di essa dal potere stesso) da qualche parte dovrà purtroppo rifluire e aver sfogo, dove e quando gli sarà permesso ovviamente.
A discapito di questo non approfondito lato della faccenda da parte di Diaz, che ha vinto il premio del pubblico al Festival di Berlino di quest’anno e che vanta la presenza anche di Elio Germano e Renato Scarpa, si può dire che c’era già molta carne al fuoco e di quella molto difficile da trattare e che la pellicola si basa su testimonianze volontarie, oltre che processuali, di parenti degli attivisti e di poliziotti e diciamo che questi ultimi non si sono mostrati, se non per qualche eccezione, particolarmente collaborativi nei confronti dei realizzatori del film…