Un Banger Rally, due pazzi al volante e 10.000 rinoceronti da salvare

Creato il 29 novembre 2013 da Nonsoloturisti @viaggiatori

Warren e Jamin sono due miei amici sudafricani, due meravigliosi pazzi che mi hanno adottato nella loro compagine durante il mio soggiorno a Città del Capo e con cui ho avuto un assaggio della città nella sua veste più frenetica e scatenata.

“Siamo nati nella sabbia africana e amiamo tutto ciò che è selvaggio, compresi la natura, le persone e i posti…”

Sono due folli, ma dal cuore d’oro, così quando mi hanno scritto che avrebbero partecipato a un rally per difendere il rinoceronte africano ho voluto capire in cosa si fossero cacciati due individui così imprevedibili.

Nel 1970 in Africa si contavano circa 160.000 esemplari di rinoceronte. Oggi il loro numero si è ridotto a circa 10.000. La maggior parte sono rinoceronti bianchi, mentre il rinoceronte nero è ormai quasi completamente scomparso. La causa è la caccia: una volta i rinoceronti erano una preda ambita nel corso dei safari, mentre ora sono i bracconieri a minacciare questo animale per potersi impadronire del prezioso corno.

L’unico Paese ad aver adottato delle misure precise per contrastare il bracconaggio è il Sudafrica, ma anche qui le leggi non sono bastate a dissuadere i bracconieri, attirati dall’alto valore del corno di rinoceronte che nei paesi arabi è impiegato per realizzare impugnature di pugnali pregiati, mentre in Asia è usato nella medicina tradizionale che gli conferisce doti guaritive in molti campi. Nel 2008 i casi di bracconaggio registrati in Sudafrica sono stati 83, un dato che ha continuato a crescere fino ad arrivare a 668 nel 2012 e fino a questo mese per il 2013 si contano già 860 casi. Un numero che è già arrivato a eguagliare le nascite e quindi mette in serio pericolo la sopravvivenza di questo magnifico animale.

Così Warren e Jamin hanno deciso di iscriversi al Banger Rally e di devolvere i soldi che riusciranno a raccogliere all’associazione per la difesa del rinoceronte RAGE.

Il Banger Rally è nato nel 2002, partorito dalla mente disturbata del venditore di auto usate Julian Nowill, la cui professione, come lui stesso indica sul sito, “è solo una copertura per le sue politiche ispirate da marxismo integralista e il suo amore per tutto ciò che è sovietico”.

“Il mondo si sta trasformando un covo di nazisti della salute e della sicurezza, e questo vale anche per il viaggiare. Ma se la vostra macchina è ricoperta da una pila di escrementi e non siete troppo eccitati all’idea di rivolgervi allo sfasciacarrozze più vicino, allora comprate cavi e nastro adesivo, un paio di casse di vodka e cibo in scatola, saltate in macchina e andate a sud, o a nord, o dove cavolo vi pare.”

Ogni anno Julian e sua moglie organizzano dei rally sgangherati in Marocco, Russia e Giordania. Il Dakhla Challenge è uno di questi banger rally, dove banger è lo slang britannico per “macinino”. Per il prossimo evento i partecipanti partiranno dall’Inghilterra l’11 aprile 2014 e dopo 4228 chilometri arriveranno al confine tra Marocco e Mauritania, dove venderanno la macchina e destineranno il ricavato in beneficenza. Unica regola: il veicolo non deve valere più di 300 euro.

“In pratica vince chi arriva ultimo e si diverte il più possibile. Il primo è solo uno stronzo che voleva passare davanti a tutti…”

Warren e Jamin, che hanno appropriatamente chiamato la loro squadra Fried Not Poached, devolveranno i (pochi) soldi ottenuti con la vendita della macchina a RAGE, l’organizzazione che da anni si batte contro il bracconaggio a danno dei rinoceronti africani, ma non è tutto qui: i loro sostenitori possono offrire una piccola cifra per ogni chilometro percorso, in modo che alla fine della gara tutto il denaro costituirà una somma cospicua per la loro causa.

E nel frattempo, naturalmente, si divertiranno il più possibile, campeggiando nel deserto e attraversando in poche settimane quattro nazioni sulla macchina più scassata che sono riusciti a trovare!

Flavio Alagia

Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sudafrica… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.

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