Dalle parti di Bolzano, in un cottage eco compatibile, vive una famiglia quasi perfetta comandata a bacchetta da una madre stentorea e volitiva che la mattina incita i figli Vittorio e Fortuna a dare il meglio di sé e fare il meglio per sé, dopo aver corroborato il marito con la quotidiana dose di fiducia affinché ottenga il posto di direttore di marketing nella ditta edile che domina la città e i suoi abitanti, impiegati e sudditi.
Luca Miniero sembra non riuscire a sfuggire alla formula del Nord che incontra il Sud e viceversa, resa famosa dai film Benvenuti, anche se in questo Boss in salotto c'è qualcosa di più nel lavoro di scrittura e nella performance attoriale. Se non fosse che il regista, come ha dichiarato, ha voluto ripescare un soggetto conservato nel cassetto, scritto con Federica Pontremoli (sceneggiatrice per alcuni film di Moretti, tra l'altro), verrebbe da pensare a questo film come il tentativo estremo di tirare per i piedi la fortuna incredibile e inspiegabile (almeno per quanto riguarda il secondo).
Cristina è un'energica meridionale da tempo trapiantata a Bolzano, dove è riuscita a costruirsi la vita dei suoi sogni assieme al marito Michele e ai loro due figli, settentrionali doc. Questo felice quadretto subisce un drastico sussulto quando la donna scopre che suo fratello Ciro, un piccolo ladruncolo di bassa leva, è rimasto implicato in un processo di camorra, chiedendo di poter trascorrere a casa della sorella gli arresti domiciliari in attesa del giudizio: Cristina - che con non poca fatica e vergogna ha sempre cercato di tenere nascoste le proprie origini - non vede il parente da quindici anni, e anzi ne ha perfino finto la morte davanti alla sua nuova famiglia, che al contrario l'ha sempre creduto una persona irreprensibile.
La donna si trova quindi costretta a sbrogliare la situazione creatasi, messa di fronte al passato e ai suoi inestricabili legami di sangue scoprendo però con sorpresa che la scalata sociale della sua famiglia ha un'impennata quando il mediocre industrialotto Manetti, datore di lavoro del marito, prende a "corteggiarlo" sperando di poter investire nella sua azienda i capitali della mafia.
Il sogno di Cristina si infrange però quando al processo emerge la notizia che il fratello non è altro che un piccolo delinquente sconosciuto alla malavita organizzata.
Eccolo, dunque, che si appalesa in quel di Bolzano con la tuta acetata, la canottiera bucherellata, svariate catene dorate al collo e uno stuzzicadenti appeso alle labbra.
Carmela ha finito di vivere e il suo castello di menzogne cade un pezzo alla volta riportandola alle sue origini in un lento risorgere dell'orgoglio meridionale.
Il boss di questo nuovo salotto è tutto giocato sulla contrapposizione, spesso "maccheronica" e facilona, tra usi e costumi del nord e del sud. L'elemento nuovo che libera per un attimo il film dal giogo che lo costringe ad arare sempre lo stesso campo è dato dalla suggestione dell'infiltrazione camorristica al nord. Non appena il locale imprenditore edile, anch'egli in crisi, scopre che un presunto boss della camorra è nella casa di Cristina, promuove il marito di lei, suo dipendente, nella speranza che questo scatto possa portare nuovi favori e liquidità alla sua società in crisi.
Il film, altalenante con delle cadute insopportabili (tipo la scenetta del gatto morto), si regge quasi esclusivamente sulle spalle di Paola Cortellesi - che interpreta la madre Cristina - brava credibile eclettica, un'attrice piena di talento, e Rocco Papaleo, anch'egli molto bravo, capace di vivere la sua macchietta nella credibilità quasi fumettistica in cui il regista ha deciso di relegarlo.
Paola Cortellesi: Carmela Cristina D'Avola
Rocco Papaleo: Ciro Cimmaruta
Luca Argentero: Michele Coso
Angela Finocchiaro: Doriana Manetti
Francesco Villa: Bidello
Alessandro Besentini: Carlo Manetti
Massimo De Lorenzo: L'Ispettore
Marco Marzocca: Poliziotto
Saul Nanni: Vittorio Coso
Lavinia De' Cocci: Fortuna Coso
Salvatore Misticone: Professore d'inglese
I Ditelo voi: Interrogati
Luca Miniero: Giudice