Magazine Cultura

Un bravo maestro si riconosce da come inciampa L’ora di lezione di Massimo Recalcati

Creato il 18 marzo 2015 da Tiziana Zita @Cletterarie

Les ChoristesUn allievo di Lacan, Moustapha Safouan, racconta che un bravo maestro si distingue da come reagisce quando entrando in aula, prima di salire in cattedra, inciampa.
La prima reazione è quella di ricomporsi immediatamente e far finta che non sia accaduto niente. Questo non è interessante. La seconda è ricomporsi e mentre si ricompone getta uno sguardo nella classe per vedere chi ha osato deriderlo e poi prendere provvedimenti disciplinari. Nemmeno questa è la posizione auspicabile.
Il bravo maestro, dice Safouan, è quello che inciampa e fa dell’inciampo il tema della lezione. I bravi maestri sanno inciampare. Non temono il limite del sapere. La lezione è un rischio ogni volta, ma i bravi maestri non temono la caduta.
Per spiegare come un’ora di lezione può cambiarti la vita, Massimo Recalcati, psicoanalista, professore, scrittore, ci ha fatto un’ora di lezione all’Auditorium di Roma. Lui che da bambino è stato considerato un idiota e che è stato bocciato in seconda elementare perché incapace di apprendere, ci racconta del rapporto magico che si instaura tra allievo e insegnante che è anche il tema del suo ultimo libro, L’ora di lezione. Sottotitolo: “Per un’erotica dell’insegnamento”. Ecco cosa ci ha insegnato.

Un sentimento mi prende sempre al termine delle lezioni all’università. E’ un affetto particolare che mi capita di sentire ogni volta che tengo una lezione. Una spossatezza. Alla fine di una lezione io mi sento spossato e penso che anche un allievo che viva intensamente la lezione si possa sentire spossato. Questa spossatezza possiamo associarla a quella che prende gli amanti dopo un rapporto sessuale. C’è stato uno scambio, qualcosa si è trasmesso. Per questo parlo di una erotica dell’insegnamento.
Dalle scuole elementari all’università, tutti gli insegnanti che portiamo con noi nella memoria, quelli che hanno lasciato un segno, hanno tutti un tratto fondamentale che li accumuna e che prescinde dai contenuti del loro insegnamento: noi li riconosciamo per il loro stile.

Certamente questo ha a che fare col corpo dell’insegnante che noi oggi rischiamo di estinguere attraverso una digitalizzazione totalizzante della trasmissione del sapere. Anche in psicoanalisi qualcuno fa sedute via Skype. Si salta la dimensione dell’incontro coi corpi. Invece noi sappiamo che ogni erotica si fonda sull’incontro coi corpi. Questo incontro non si può aggirare, è il cuore della didattica.

Massimo Recalcati
Lo stile passa innanzitutto attraverso il corpo del maestro e trova la sua manifestazione nel modo in cui prende tra le mani i libri, nel modo in cui organizza la sua lezione, le citazioni, i riferimenti, nel modo in cui affronta la lavagna, nella sua voce. Le voci dei nostri maestri che ancora portiamo con noi, quella stridula, quella roca, quella appesa a un filo, quella metallica, quella che sembrava che si stesse spegnendo da un momento all’altro e poi ricominciava come un’onda. Lo stile ha a che fare con il corpo del maestro, ma innanzitutto ha a che fare con la sua capacità di erotizzare il rapporto con il sapere.

Il primo miracolo che ogni insegnamento degno di questo nome opera è una trasfigurazione degli oggetti teorici di cui il maestro parla. Che sia la deriva dei continenti, la serie di Fibonacci, le strutture elementari di una lingua, i numeri, le lettere dell’alfabeto: di qualunque cosa egli parli l’effetto è la trasformazione di questi oggetti in corpi, in corpi erotici. Questo significa che il libro acquista uno spessore carnale, acquista un profumo, un odore, una densità. L’esperienza della lezione non è un’esperienza solo cognitiva, non è un’esperienza solo mentale, per questo alla fine siamo spossati.

Recalcati ora-di-lezione
Il libro diventa un corpo attraverso la parola del maestro e questo genera una seconda trasformazione: l’allievo non è più testa vuota da riempire. L’allievo non è più un recipiente che il sapere del maestro deve colmare. Questa rappresentazione erronea della trasmissione del sapere come riempimento ha origine nel Simposio di Platone, dove troviamo Agatone, colui che organizza il banchetto – il simposio – e che è destinato a parlare delle virtù di Eros, che aspetta Socrate. In apertura del Simposio, Socrate – come spesso accade ai filosofi – arriva in ritardo perché si è smarrito in un cortile e – come spesso accade ai filosofi – la verità gli ha parlato. Dunque Socrate si è attardato a colloquiare con la verità e arriva tardi al banchetto. Sulla porta c’è Agatone che lo aspetta con impazienza. Immaginiamo la scena. Socrate trafelato e Agotone, il giovane, l’allievo, gli chiede:

“Voglio sederti vicino nel corso del banchetto perché in questo modo ti offrirò la mia testa come una coppa vuota e tu maestro verserai in questa coppa il sapere che la verità ti ha trasmesso”.

Qui siamo di fronte all’illusione che anima ogni scolastica: pensare che la trasmissione sia fondamentalmente un’attività di riempimento. E noi sappiamo cosa Socrate risponde ad Agatone:

“Io sono vuoto come te e come te desidero sapere”.

Dunque il maestro non è colui che gli riempie la testa del sapere che possiede. Socrate si dà ad Agatone non come il proprietario del sapere, ma come testimone dell’eroticità del desiderio di sapere. Il maestro incarna il desiderio di sapere e questo mette in movimento l’allievo. Agatone non è più coppa vuota che deve essere colmata dal sapere del maestro ma diventa amante, dice Platone, del sapere. Questa trasformazione dell’allievo in amante è fondamentale nell’insegnamento.

Per operare questo passaggio dall’allievo testa vuota all’allievo amante, il maestro non deve usare il sapere come cemento, piuttosto deve avere confidenza con il limite del sapere, con l’impossibile che attraversa il sapere, deve avere confidenza con la mancanza di sapere. Noi non dobbiamo pensare che se sapessimo a memoria tutti i libri di tutte le biblioteche del mondo, avremmo realizzato un’appropriazione esaustiva del sapere. Il limite del sapere non è esterno al sapere. Il limite del sapere abita il sapere, è un punto interno al sapere. E’ ciò che custodisce il valore stesso del sapere.

Ne abbiamo un esempio tra i più noti nella Genesi. Cosa non possono Adamo ed Eva?

Cronache Letterarie Cacciata paradiso

L’impossibile non è l’accesso alla conoscenza, l’impossibile è sapere il sapere di Dio: impossibile è spiegare il sapere di Dio, impossibile è spiegare Dio. C’è un limite che attraversa il sapere, ma se noi assumiamo questa impossibilità rendiamo possibile il sapere.

Voglio fare un esempio attraverso un ricordo personale di una figura di maestro, mio professore di filosofia, molto noto per aver scritto dei manuali di storia della filosofia. Ricordo che quando entrai all’università Statale come matricola di filosofia, agli inizi degli anni Ottanta, Mario Dal Pra si stava congedando dall’insegnamento. Io entravo con un curriculum di studi tormentatissimo, bocciato più volte, con un diploma di esperto in coltivazioni di piante tropicali in serre calde, acquisito nella periferia estrema di Milano, a Quarto Oggiaro, una specie di Bronx con un’alta densità di criminalità e spaccio di droga. Avevo un curriculum non tra i più brillanti. Diseredato dai miei genitori perché decisi di non proseguire la carriera di floricoltore di mio padre: disederato in senso letterale. Venivo con questa formazione e il corso di Mario Dal Pra riportava un’annotazione nella guida dell’università: “E’ vivamente sconsigliato alle matricole”. Decisi lo stesso di frequentarlo, ma c’era un’altra aggravante che era il tema: “La logica e la struttura della Scienza della logica di Hegel”. Diciamo che non è proprio il testo migliore per chi era abituato a studiare il mal bianco delle rose.

Herbert Marcuse Maggio 68
Herbert Marcuse parla con gli studenti. Università di Nanterre, 1968

Mi sedevo sempre in cima alla grande aula. Prima di lui arrivavano i suoi assistenti che si schieravano alle sue spalle e poi entrava questo omino piccolo, calvo, con i due libri – Hegel in italiano e Hegel in tedesco – e si metteva alla cattedra. Sempre vestito di grigio, con due consistenze diverse, inverno primavera.
L’omino si metteva sul testo e il suo commento spianava le montagne russe di Hegel e le trasformava in una pianura. Ecco il miracolo. Il gomitolo impossibile da sciogliere del testo di Hegel, toccando un filo si scioglieva improvvisamente.

E’ l’esperienza che noi facciamo durante l’ora di lezione dalle elementari fino all’università: il commento del maestro porta la luce sul testo. Un testo che sembrava chiuso, illeggibile, diventa leggibile, si apre. Un mondo si apre. L’oscurità profonda del testo si trasforma in una luce.
Se Dal Pra si limitasse a questo, a chiarificare il testo, riprodurrebbe un’altra illusione: che si può arrivare ad appropriarsi integralmente del libro, come del corpo dell’amante. Anche nell’amore c’è questa illusione di arrivare ad una appropriazione completa del corpo dell’amata, o dell’amato. Ma il corpo dell’amante, come il libro, sfuggono all’appropriazione. E infatti c’erano dei momenti in cui Dal Pra mentre leggeva Hegel si fermava, alzava gli occhi al cielo e poi diceva:

“Qui dobbiamo fermarci. Chissà Hegel cosa ha visto”.

Hegel
E non proseguiva nel commento.
Di fronte al un Deleuze si potrebbe pensare: “Chissà che cosa si è fatto?”

La forza del maestro, per un verso è portare la luce nel testo e per l’altro verso è preservare l’impossibile da dire nel testo. Ma è questo impossibile che mantiene vivo il desiderio di sapere. Usciti dall’aula, tutti noi ci precipitavamo immediatamente sulla frase che il commento del maestro aveva saltato perché quella diventava la zona più densa di senso. Nel punto in cui il maestro segnala qualcosa che è nell’ordine dell’impossibile, c’è qualcosa che riguarda il desiderio. L’impossibile ha a che fare con il mistero indecifrabile della vita, della morte, del sesso. Ogni volta che il maestro si ferma, si ferma di fronte a questo mistero e lo imita.

Il maestro deve produrre il vuoto e mantenere vivo il desiderio di sapere. Il maestro sa custodire la mancanza che abita il centro del sapere.
Calvino diceva che un libro diventa un classico quando si rivela inesauribile, quando il commento non arriva mai a completare il rischiaramento del testo e il testo mostra rispetto a ogni commento una sua straordinaria eccentricità.

Noi siamo la caricatura del maestro che abbiamo avuto. In un primo momento l’allievo è l’imitazione del suo maestro. Io mentre parlo sono la somma dei maestri che ho avuto, ma sono anche una deviazione eretica dei miei maestri.
Non c’è trasmissione che possa prescindere dall’incontro. La scuola è un luogo dove gli incontri avvengono. Quello dove io ho incontrato Giulia, la giovane professoressa di lettere che mi ha salvato da una direzione pericolosa che stava prendendo la mia vita e che ha aperto ai miei occhi l’esistenza di mondi di cui non riuscivo nemmeno a immaginare la possibilità.

analisi
Ogni volta che c’è un’assimilazione di quello che il bambino ha imparato grazie all’identificazione con il maestro si produce uno stile, cioè un difetto. Quella piega, quel difetto, è il cuore della singolarità dell’apprendimento. Il sapere diventa proprio quando viene riconquistato, quando l’allievo non si limita a ripetere quello che fa il maestro, ma lo riconquista in modo storto, con quel piccolo difetto che caratterizza lo stile di ciascuno di noi.

C’è insegnamento, educazione, quando c’è amore per la stortura della vita. Questo amore si traduce per il maestro nel gesto più alto del suo insegnamento, l’ultimo, quello finale e cioè che il maestro sappia lasciare andare i suoi allievi. Jaques Lacan lo dice in un modo poetico molto intenso, che il maestro sappia tacere l’amore. Non c’è trasmissione possibile senza l’amore del maestro verso il sapere, ma l’esito ultimo della trasmissione è che il maestro taccia sull’amore, perché se corrispondesse all’amore vincolerebbe l’allievo. E qui il mestiere del maestro incrocia e si sovrappone a quello del genitore. Il dono maggiore della genitorialità è il dono della libertà, è saper perdere i propri figli, saper perdere i propri allievi.

L’ora di lezione di Massimo Recalcati è pubblicato da Einaudi.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :