Perché non utilizzare questo strumento per rendere più leggero un dolore che ti tormenta e che potrebbe essere la causa di continue visite o ricoveri ospedalieri?
Dunque, pensionati italiani, adottiamo un campo di marijuana invece che i soliti orti comunali. Accanto a pomodori e zucchine, melanzane e bietolina, basilico, erba cipollina e piante officinali da tisana ben venga una coltivazione di marijuana.
Interpelliamoli i nostri vecchietti, ci potrebbero sorprendere.
Quanto descritto sopra è il faceto dell’uso di questa sostanza per scopi terapeutici. C’è poi tutto un capitolo serio e crucciante che riguarda i dolori da neoplasie terminali, lì dove diventa prioritario e fondamentale accompagnare la persona nel suo percorso di fine vita in maniera decorosa, depurando il proprio corpo da sofferenze che obiettivamente oggi possono essere evitate.
In america ci stanno pensando a legalizzare la marijuana. Già diciassette Stati consentono l’uso dell’erba per “scopi terapeutici” per alleviare dolori e nausee, anche se a livello federale il divieto rimane in vigore.
In Italia, la Toscana è la prima regione che ha approvato una legge regionale a favore dell’uso farmaceutico della cannabis, così come in Puglia e nelle Marche, dove la fornitura terapeutica di cannaboidi è autorizzata dal 2008.
Avanti dunque con la ricerca e la sperimentazione nell’uso di queste sostanze, in uno Stato come quello italiano che stenta a decollare in materia di cura del dolore. Si è tuttora ancorati a vecchie concezioni di antica tradizione secondo cui le sofferenze ci vengono donate per soffrire. La sofferenza purtroppo può capitare nelle nostre vite ma se si può alleggerire, dunque alleggeriamola.
Che entri nella testa anche degli stessi operatori sanitari.
Maria Cappello