Titolo: Un cane andaluso
Titolo originale: Un chien andalou
Regista: Luis Bunuel
Durata: 16 min.
Anno: 1929
Paese: Francia
Un cane andaluso
Una lama di nube taglia la luna piena, una lama di rasoio incide un occhio. Il manifesto della rivoluzione surrealista è servito.
Un cane andaluso è un celebre e scandaloso cortometraggio diretto nel 1929 da Luis Bunuel a partire da un soggetto di Salvador Dalì e dello stesso Bunuel. Molto efficace è la colonna sonora, aggiunta da Bunuel nel 1960 e composta da due tango e un brano dal Tristano di Wagner. La luce, protagonista di una bella fotografia, determina la grande qualità della visione in un film noto soprattutto per aver espresso, nella scena del rasoio, la morte stessa della possibilità di vedere (o, forse, la possibilità di guardare in modo nuovo, per esempio secondo la dottrina psicoanalitica).
Raccontare in due parole la vicenda del film è pressoché impossibile, dal momento che una vicenda è chiaramente assente. Mi limiterò perciò ad alcuni spunti. La messa in discussione del paradigma della visione è innanzitutto una riflessione sullo statuto del cinema e, per dirla con W. Benjamin, sull’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Ma il taglio dell’occhio è anche il primo termine con cui Bunuel e Dalì tematizzano criticamente i cardini sensoriali della cultura occidentale, laddove il secondo risiede nella mano squarciata e da quella da cui escono formiche (pare un’idea di Dalì, maestro degli squarci impossibili dalle cassettiere antropomorfiche al Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio). L’occhio è tagliato, la mano è squarciata: i sensi padroni dell’esperienza occidentale moderna, funzioni di potere sul mondo ridotto a oggetto, non sono più signori incontrastati, e la via per il superamento del cartesianesimo è aperta.
Un cane andaluso
Di particolare interesse è anche la scena in cui il desiderio sessuale si fa esplicito, con l’uomo che afferra i seni della donna con la bava alla bocca. Quando però cerca di violentarla, lo vediamo impedito da un carico che gli ostacola ogni procedere: due tavole di legno e altrettanti asini morti, pianoforti e preti (questi ultimi vivi). Come dire, il peso immane della legge, della tradizione, della cultura, della Chiesa e della religione sulle sue (di lui? di lei?) spalle. I preti trascinati fanno il paio con il vescovo defenestrato nell’Age d’Or, altro film di Bunuel in cui l’anticlericalismo è particolarmente evidente. Anche la cultura non è risparmiata, e non solo per via dei pianoforti; in una scena successiva i libri che un uomo tiene in mano mutano in pistole. È Bunuel, cosa vi aspettavate?
Un cane andaluso
1) Interesse dell’argomento trattato: soggetto 8
2) Originalità 9
3) Profondità d’analisi della storia narrata e chiarezza 6
4) Sceneggiatura 6
5) Ritmo, equilibrio costruttivo, iteratività 6
6) Montaggio e regia 5
7) Fotografia 7
8) Colonna sonora e effetti 8
9) Attori: interpretazione 6
10) Grado di apprezzamento collettivo 7
11) Forza di coinvolgimento 6
12) Capacità di suscitare emozioni e/o riflessioni 7
La pagina di Un cane andaluso su IMDb è disponibile al link http://www.imdb.com/title/tt0020530/