L'avventura della lettura del carteggio tra Campana e l'Aleramo non si è conclusa e credo che dove si possa si dovrebbe dare voce e spazio a questi due Spiriti che bruciano di amore e di poesia, perché infondo la poesia è la cosa più viva, lo ricorda anche la nostra Alda Merini:" non per costruirvi sepolcri o simulacri". Con i miei piccoli mezzi e degli artisti giovani che mi accompagnano, proseguiremo. Intanto l'incontro con Bruna Conti, la sua presenza, le chiacchierate fanno sì che questi due scrittori prendano sempre più forma, e quel "viaggio chiamato amore" si ripercorra, non solo in quella che fu la loro relazione, ma attraverso persone che sono state a loro vicine e penso a Federico Ravagli, e anche qui debbo ringraziare sua figlia, Vittoria Ravagli, per aver fattomi tra l'altro recapitare un testo pubblicato da L'UDI lo scorso anno, di scritti dell'Aleramo non facilmente disponibile in commercio.
Allora la scrittura porta con sé vita, storie, letteratura. E tutta o quasi tutta la letteratura italiana di primo e metà novecento passa attraverso Sibilla Aleramo. Donna fiera e imperiosa, vedendo l'archivio delle sue foto alla Fondazione Gramsci di Roma, l'Aleramo era statuaria, petto in fuori sempre, ma non di donna sfrontata, ma coraggiosa appunto, di chi la vita l'ha affrontata tutta con la sua bellezza e i suoi danni, con il suo bene e il suo male fino alla fine.
Per questo la decisione di continuare a portare avanti il suo capolavoro, lei stessa, in altri eventi.
Il 13 Giugno in occasione dell'Unità delle donne. Centocinquant'anni di lavoro al femminile, con estratti scelti dal suo primo libro del 1906 Una donna, e nel monologo teatrale in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, Novembre prossimo, in collaborazione con la Casa delle donne di Bologna, tra l'ensemble dei testi scelti ci sarà anche lei.
Diceva Sibilla che "una scrittrice non esiste che nei suoi libri" e lei sembra esistere comunque aldilà, non solo nei tanti e molti carteggi, ma in tutta quella che è la sua storia di cui ha lasciato racconto e traccia, in quello che secondo me è Rina Faccio, ovvero, un capolavoro di nome Sibilla Aleramo.
(Dale Zaccaria) Il padre a Rina
Milano, 27 Luglio 1883
Cara Rina,
questa lettera che vado a scriverti sarà la prima
che riceverai dal tuo papà. Non ti ho mai scritto prima
d'ora benché sappia che a te piace molto ricevere lettere.
Il perché è semplice; perché da più di un anno che mai ci siamo
separati e vedendoci tutti i giorni non v'era motivo per scriverti(...)
Cara Rina ho da darti una bella e buona notizia. Ieri ricevei dalla direttrice
della tua scuola una lettera che ti invita a recarti domenica alla solenne
distribuzione dei premi essendo tu stata giudicata di un premio. Non dice però quale.
(...) Cara Rina guarda in questi pochi giorni di campagna che ancora hai da goderti di farti buona salute, sta buona da non far disperare la mamma, studia qualche poco e ricordati di tutti i consigli che ti dà sempre il tuo papà. (Inedito,L.G.)
Sibilla Aleramo da Una donna, presentazione di Maria Antonietta Macciocchi con uno scritto di Emilio Cecchi, Feltrinelli, 1980. Lo scritto di Emilio Cecchi è la presentazione al libro della prima edizione del 1950.
"(...) l'amore per mio padre mi dominava unico.(...) Era lui il luminoso esemplare per la mia piccola individualità, lui che mi rappresentava la bellezza della vita: un istinto mi faceva ritenere provvidenziale il suo fascino. Nessuno gli somigliava: egli sapeva tutto e aveva sempre ragione. Accanto a lui, la mia mano nella sua per ore e ore, noi due soli camminavano per la città o fuori le mira, mi sentivo lieve, come al disopra di tutto. Egli mi parlava dei nonni, morti poco dopo la mia nascita, della sua infanzia, delle sue imprese fanciullesche e meravigliose, e dei soldati francesi ch'egli, a otto anni, aveva visto arrivare nella sua Torino "quando l'Italia non c'era ancora". Un tale passato aveva del fantastico. Ed egli m'era accanto, con l'alta figura snella, dai movimenti rapidi, la testa fiera ed eretta, il sorriso trionfante di giovinezza. In quei momenti il domani mi appariva pieno di promesse avventurose (...)"