Ci abitava con il suo cane e occasionalmente con il fidanzato.
Il posto era spartano, pavimento ad assi di legno, il sofa' disfatto coperto da cuscini e coperte a righe multicolori. In camera c'era la muffa tanto era umido, sul lettone dai molteplici piumini e un sacco di vestiti. C'era la stufa detta "Etta", che verso sera abbiamo acceso perché iniziava a fare freddo, lassù. C'era un tavolo piccolo attorno al quale siamo passate dal caffè della colazione alla pasta del pranzo alla tisana del pomeriggio, praticamente senza alzarci mai. Abbiamo parlato e parlato e parlato, approfondito, ragionato sulle cose, come per noi è sempre stato normale, fin da quando eravamo compagne di banco al liceo. Anche lei tornava da un Viaggio, e voleva fermarsi un po'.
Abbiamo discusso delle possibilità, di che cosa fare. Lei pensava di lavorare qualche ora al giorno al circolino del paese, di pomeriggio, giusto per avere i soldi per fare la spesa. Mi sembrava un'ipotesi plausibile, mi attirava e per un attimo mi sono immaginata a prendere anche io quella strada, in mezzo ai boschi. O lavorare nel bar sotto casa a Torino, per vederlo tornare la sera, in fondo che cosa contava di più dell'amore?
Invece ho preso la tangenziale di Milano, ho comprato delle scarpe nere con le stringhe e mi sono affacciata al magico mondo della PR-finanza. Avevo i capelli lunghissimi e la pashmina rossa, la sera prima di iniziare il nuovo lavoro. Sapevo che mi sarei persa.
A quel giorno ci penso spesso, perché credo che sia stato uno di quei giorni in cui la tua vita è a un bivio. Quei giorni in cui ti affacci per un attimo ad un universo parallelo, quei giorni in cui hai in mano il volante e puoi svoltare da una parte o dall'altra. Quei giorni in cui annusi quella che potrebbe essere una possibilità di vita.
Io a quel giorno ci penso spesso, soprattutto quando la mia vita mi sembra complicata e un po' assurda, quando mi devo spostare in aereo dall'altra parte del mondo per andare a serntire cosa dice uno o spendere un sacco di soldi per cenare da qualche parte dove il cibo non mi piace nemmeno, invece di camminare per la strada dei boschi e mangiare quella pasta con il sugo del viaggiator goloso e sentire dentro un sacco di amore.
Quel giorno me lo tengo a mente perché non è detto che quella casetta, un giorno, io non torni ad esplorarla. Perché alla fine di tutti questi pranzi inutili e conversazioni inutili a parlare di cucine di paesi di cui non me ne frega niente, alla fine di tutti questi ragionamenti sull'estero e sull'Italia e su dove sia meglio vivere, alla fine di queste continue fasulle possibilità di essere felice, di tutti questi vestiti e tacchi e trucchi inutili, di queste nottate di shot di vodka inutili, avrò finalmente la forza che mi è mancata prima.