Giorgio Lindi presidente Anpi Carrara, 1 febbraio 2011Caro Professore, mentre la ringrazio per il suo intervento, sono di nuovo a chiederle lumi; questa volta in merito alla proposta fatta in questi giorni da Massimo D'Alema. Il problema dell'autoritarismo mediatico o, più semplicemente, del berlusconismo che pur vivendo momenti difficili, per i noti problemi personali e per le politiche inconcludenti, non è almeno a oggi ancora stato battuto. Per battere il berlusconismo mi domando se la proposta che D'Alema fa, rivolta anche a soggetti "strani" (Casini, Fini ed altri), possa essere percorribile per creare il cosiddetto fronte unitario democratico che permetterebbe il ritorno a una logica normale della battaglia politica. Per essere semplici, mi sembra che si ripetano, mutatis mutandis, le condizioni per la quali un tempo venne proclamato capo del CLN alta Italia, il generale Cadorna, espressione dei ceti moderati se non reazionari, ma attraverso il quale l'unità antifascista riuscì a togliere di mezzo il primo ostacolo cioè il nazifascimo e a far crescere una coscienza politica, dopo venti anni di dittatura. E' riproponibile una nuova forma unitaria di questo tipo, come sembra dire D'Alema, aprendosi ai ceti moderati e conservatori, ma rimettendo in gioco anche le esigue, purtroppo, forze della sinistra classista? Sarebbe molto importante e illuminante il suo pensiero in merito. In particolare per noi che pensiamo che soggetto autentico di questa ipotesi potrebbe essere l'Anpi.Cordialmente la salutiamoDL Come filosofo e storico ho speso messo in guardia contro il gioco ovvero contro la seduzione delle analogie. Non c’è nessuna analogia tra l’Italia di oggi e l’Italia del 1921-22. La «marcia su Roma», il colpo di Stato fascista, fu a suo tempo salutato dall’opinione pubblica liberale italiana e internazionale, scossa e angosciata dalla rivoluzione d’ottobre e dal «pericolo comunista». Ancora nel 1933 Churchill dichiarava: «Il genio romano impersonato da Mussolini, il più grande legislatore vivente, ha mostrato a molte nazioni come si può resistere all’incalzare del socialismo e ha indicato la strada che una nazione può seguire quando sia coraggiosamente condotta».Oggi il contesto internazionale è radicalmente diverso. Almeno in Occidente è dileguato il «pericolo comunista». Non che siano dileguate le angosce: gli Usa, e al loro rimorchio l’Unione Europea, guardano con crescente preoccupazione all’ascesa della Cina e contro di essa, se sul piano militare può servire all’occorrenza il formidabile arsenale di guerra di cui dispone l’imperialismo, sul piano ideologico è già di grande utilità l’incessante bombardamento multimediale contro la «violazione dei diritti dell’uomo» e in nome della «democrazia» e della superiore civiltà dell’Occidente. In queste condizioni, l’avvento di una dittatura fascista in Italia o in un altro paese dell’Unione Europea sarebbe per l’imperialismo un clamoroso autogol.Ciò non significa che la situazione nel nostro paese non sia grave. Il peso politico immediato della ricchezza e la tendenza verso il bonapartismo soft, che caratterizzano nel suo complesso l’odierno capitalismo, assumono un volto particolarmente odioso e più che mai repellente: non c’è nulla che il denaro non possa permettersi! Contro tutto ciò può essere opportuna e necessaria una politica di alleanze, ma il problema principale è quello di ricostituire la soggettività ideologica e politica dei comunisti e di un’autentica sinistra.