Non sto ad indagare di chi siano le responsabilità, del produttore alle prese con il magazzino e con le scorte o del commerciante che si affida alle civette per rubare clienti al suo vicino. O delle perversioni incomprensibili della filiera agroalimentare che quando arriva al consumatore finale ha ormai perduto ogni rapporto con la campagna e con il mondo contadino.
Ripeto, da consumatore, non capisco. Poi magari mi fa anche comodo. E infatti questa mattina ho acquistato una dozzina di bottiglie di Rotari (sboccatura 2014). Ma questo è un altro paio di maniche.
E capisco ancora meno queste politiche aggressive sul fronte dei prezzi, quando a questi prodotti vengono affidati compiti di rappresentazione territoriale attraverso marchi collettivi; su cui fra l’altro insistono giustamente e legittimamente importanti investimenti pubblici destinati alla promozione e alla comunicazione. Investimenti che si giustificano proprio perché mirati (?) a produrre e a consolidare un’immagine positiva e prestigiosa per il territorio.
Credo che questi prodotti, ad alto contenuto territoriale e al di la del brand aziendale che può essere più o meno simpatico, meritino uno statuto speciale, che ne tuteli prezzo, immagine e appeal presso il consumatore. Una sorta di codice deontologico che escluda questi prodotti da operazioni commerciali così aggressive. E’ chiedere troppo? Lo si può chiedere senza essere accusati di dirigismo statalista e stalinista?
Le foto sono state scattate questa mattina all’interno di un supermercato trentino aderente ad una grande catena nazionale.
Rotari Brut: euro 4,95 in offerta anziché euro 7,39
Valdobiadene Superiore Valdo: euro 5,65