Un commento elegiaco a Anidride solforosa di Roberto Roversi
Creato il 04 maggio 2011 da Viadellebelledonne
Allora si mettono libri dovunque, Roberto Roversi, e non c’è più posto dove il libro può stare, sono le parole dalle sillabe ardenti e quelle magre, a cagne cane, sono le bellissime autostrade che portano a Colon del paese perso e le brutte scombinate, le marce inquinanti, sono l’isole. Sono appena state costruite, le alte velocità, a forare l’amianto ma a disegnarne una, strada, respirare non è mai costato pare tanto. I libri stanno in catasta e li impiliamo, e li leggiamo a volte per poi dimenticarli, che tutti i libri si dimenticano, ne salvi tredici, quattordici, basta.
Allora le strade diventano segnano e ci portano sempre da qualche parte, che magari è forse lì. In realtà non c’è niente che serva solo. Tutto scompone e sporca, o era uno tenue, un miracolo, qualche sveglia che apriva la giornata di nebbia, lei accanto, il seguito precisato da un odore di fuoco di legna e lo scorrere del dito lungo l’argine fucilato, era un indaco in deriva e l’umido nelle ossa che la centrale idroelettrica ha scaldato, o il fossile, dove andiamo? In realtà non c’è niente ch’è sempre servo-mano.
Allora si dipinge la casa di giallo, e la tintura all’acqua fa salire il salnitro e le righe della muffa prima, sin che il caminetto che non tira funga la dispensa e l’aria è più tranquilla. Mille morti e moltiplicati per farne altrettanti, nei vuoi libri molte parti mai unire, ed io li amo. La sganghera, la discesa verso il basso, e l’alto delle lacrimose ossa di discesa, la possibile austerità la benigna nasce e ferma. L’alzano. Dai libri allora, dai libri scelti, dai testimoni, e dalle visioni, rosicchia un battito e da lui viene ma troppo tardi ma troppo presto partono.
Allora si va a dormire senza sonno, che non basta , Roversi Roberto, questo a raccontare quello che i mille tanti morti sognano. Sono che li guardi fare, sono che li sai, ma mai sapere è uguale e si schianta contro la fabbrica e il muro, da dentro a fuori il suo veleno denso e quasi mite, una diossina, un’anidride, e non le ho sparse/sentite ma mi sono riscaldata e ho costruito roba a Breda. Non mi concilio con questi amori, sai, devo tagliare la neve, ti ricordi? Che la poesia ha il freddo che non tiene? Che non lo tiene mai?
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