Ho scritto questo post come risposta al lungo e dettagliato commento di Azia Rubinia a Self-Publishing vs. editoria a pagamento. La non-innocente confusione. Grazie Azia per il commento, ho provato a rispondere ad alcuni dei punti che hai messo in evidenza.
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L’autore non può solo scrivere
Non è vero che l’autore debba fare solo l’autore. L’autore ha sempre dovuto fare per sé e per mille, e questo è fondamentale ora che ha mezzi potenti a disposizione per far conoscere la sua opera (in questo articolo ne parlo in dettaglio).
Editoria a pagamento (EAP) vs. self-publishing
È vero che in entrambi i casi c’è un investimento dell’autore, ma EAP e self-publishing non sono la stessa cosa. Con il self-publishing l’autore investe su stesso rivolgendosi ai professionisti (editor, grafici ecc.) di cui ha bisogno per confezionare un libro. Nell’editoria a pagamento l’autore sborsa una cifra significativa che va nelle tasche di un editore che, nella maggior parte dei casi, non manterrà gli accordi presi (accordi su vendita, distribuzione e promozione, per esempio).
Ultima spiaggia e qualità dell’opera
È vero che autopubblicarsi catalizza il proliferare di scritti di bassa qualità perché saranno moltissimi, e lo sono già, coloro che si autopubblicano per passione, perché hanno un romanzo nel cassetto, perché all’ultima spiaggia. Che lo facciano! È un loro diritto. In questa marea, però, ci sono piccoli e pochi cristalli che brillano. Il punto non è prosciugare il mare, ma inventare uno strumento che ci aiuti a trovare i cristalli (qui propongo una soluzione asimoviana).
Self-publishing ed editoria tradizionale non sono esclusivi
È vero che il self-publishing è un’alternativa all’editoria tradizionale, ma non è vero che il self-publishing possa o debba sostituirla. In questi anni di cambiamento nel mondo dell’editoria c’è, al contrario di quanto si teme, molto spazio per quegli editori che sono pronti a raccogliere la sfida.