In Italia c'è una disoccupazione da far paura. A settembre si attesta al 12,5% e quella giovanile raggiunge quota 40,4%. Ma c'è una buona notizia. Nonostante siano almeno sei milioni le persone rimaste senza lavoro (o che non l'hanno mai avuto) scoraggiate al punto da non cercarlo nemmeno più, allo stesso tempo ci sono tanti che si rimboccano le maniche e decidono di mettersi in proprio. La seconda buona notizia, posto che non è semplice né l'unica via di fuga dalla crisi, è che a farlo sono soprattutto under 35. La terza buona notizia è che la maggior parte di nuove imprese under 35 (38,5% del totale, quasi 40 mila attività) risiedono al Sud. Ecco, è da qui che dovremmo ripartire. Non per ostentare un ottimismo altrimenti assente, bensì per comprendere quali settori necessitano di una ulteriore spinta propulsiva. Non dimentichiamo che chi il lavoro se lo crea, potenzialmente lo crea agli altri: fornitori, dipendenti, collaboratori. Succede anche, però, che l'agenda setting sia occupata da un'unica questione, d'accordo dirimente per il governo, d'accordo valevole di copertura mediatica, ma oltremodo sponsorizzata: la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. La Giunta per il regolamento ha scelto il voto palese. Ne viene meno, forse, un comportamento garantista (si tratta pur sempre di un'anomalia rispetto ai casi analoghi del passato), ne viene in più una maggiore assunzione di responsabilità da parte di coloro che dovranno esprimersi sulla decadenza. Che non per forza sarà avversa al dettato costituzionale secondo cui i parlamentari devono esercitare le proprie funzioni senza vincolo di mandato. In ogni caso Berlusconi passa, l'Italia resta. E quali che siano le conseguenze del voto dell'Aula del Senato, è dalle nuove imprese nate al Sud che dovremmo ripartire. Nella forma e nella sostanza, dico. Per continuare a credere che ce la faremo a superare le difficoltà.
Potrei scriverlo e apparire un tantino qualunquista. Ma mi piace pensare che avrei speso del tempo per un contributo positivo.
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