Un destino parallelo

Creato il 06 settembre 2010 da Jolandaguardi

T. Ansary, Un destino parallelo. La storia del mondo vista attraverso lo sguardo dell’islam, Fazi Editore, Roma 2010

Renzo Guolo, nell’introduzione a questo volume afferma: “All’autore di Un destino parallelo interessa mostrare, più che gli eventi in sé, le loro rappresentazioni: ovvero le percezioni, da parte dei musulmani, di alcuni passaggi chiave della loro storia” (p. IX).

Dopo aver letto il volume, quest’affermazione mi ha fatto pensare. Ansary ripercorre la storia del mondo musulmano inserendola nel contesto della storia mondiale e non considerandola come separata, se stante. Egli, al contrario, conduce interessanti paralleli che mostrano come lo sviluppo delle due civiltà occidentale e musulmana abbiano seguito tappe assai simili, fermo restando che il punto di riferimento – come egli sostiene – non era per l’Islam Roma ma il califfato.

In relazione alle “rapresentazioni” l’autore stesso afferma che scopo del volume è quello di spiegare cosa i musulmani “pensano” sia accaduto (p. 19) privilegiando per far questo fonti musulmane rispetto a fonti occidentali “ritenute meno obiettive” dagli studiosi (sempre occidentali).

Quello che mi domando è perché “gli eventi in sé” e la “storia” scritta da occidentali debbano essere considerati reali e non altrettante rappresentazioni della storia, pur se diversamente sofisticate. In poche parole, la “vera” storia non esiste. O sbaglio?

Sia come sia, Un destino parallelo è un libro che si legge bene, scorrevole, scritto da un musulmano, che presenta anche a mio parere alcune ingenuità, che si rivolge a non musulmani ma anche a musulmani e che ha il pregio di raccontare la storia “all’araba” ritenendo che privare le relazioni storiche più antiche del  loro aspetto mitologico non permette di cogliere come i musulmani le hanno percepite e sottolineando che questo modo di raccontare la storia è lo stesso attraverso cui l’occidente è venuto a conoscenza degli eventi più antichi che lo riguardano.

Aggiungo che, per me, il modo in cui la storia viene narrata dagli arabi è quello che la rende affascinante.



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