Un disoccupato può andare in vacanza? (summer edition)

Creato il 08 luglio 2013 da Lavorareconfermezza @lavorareconferm

Uno dei dubbi amletici del disoccupato quando s’avvicina la stagione estiva è: ma io devo/posso andare in vacanza?

E’ chiaro che qui la questione non è scegliere fra Sardegna o Sharm El Sheik, ma ben più fine, cioè: ovunque io vada, foss’anche rimanere qui dove sono, mi devo sentire in vacanza?

Può una persona senza lavoro svegliarsi un po’ più tardi del solito la mattina, evitare per un giorno intero di consultare siti di lavoro o addirittura andare al mare?

La questione sembra semplice ma non lo è. Perché il disoccupato sente addosso a sé un macigno, una responsabilità.

Da una grande responsabilità derivano grandi doveri (semicit.)

Ed è così che il disoccupato che decide di trascorrere qualche giorno di “vacanza” si ritrova impossibilitato a sentirsi totalmente libero.

“Liberi di” recita un noto spot, nel nostro caso “Liberi di non sentirsi liberi”.

Ed eccolo il nostro disoccupato, una sera al pub con gli amici. Si beve e si ride e per qualche ora lo spettro del lavoro sembra essere lontano. Ma poi l’incidente: il disoccupato ritrova per un momento la lucidità e la sua attenzione è rubata dai camerieri del pub che corrono a destra e manca, sudano e si fanno in quattro per servire gli esigenti clienti.

E’ il riflesso di un attimo: il disoccupato raccoglie tutti i bicchieri vuoti al suo tavolo e li va a riportare al bancone. Un grazie strascicato da parte del barista sarà l’unico compenso che riceverà quel giorno.

E al mare? Ce lo vedete un disoccupato al mare? Che prende il sole sdraiato su un telone mentre bagnini e ragazzetti dei baretti sudano sette camicie spostando sdraio e ombrelloni, e sono costretti a sedere su una torretta esposta al sole cocente d’agosto?

Come può egli rilassarsi? Come minimo dovrebbe riuscire a salvare un natante dall’annegamento, per sentirsi bene con se stesso.

La situazione è questa cari miei, rilassarsi pienamente è difficile per chi ha corpo e mente perennemente in attesa di qualcosa, di un segno, di una chiamata.

Il consiglio? Fate il possibile per far riposare le vostre meningi almeno qualche giorno.

Per preoccuparsi e amareggiarsi c’è tutta la vita davanti.

“Crisi da noi? Ma se le spiagge sono sempre piene!”


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