Rappresentazione artistica dell’esopianeta HD189733b
I dati raccolti dallo spettrografo HARPS (ESO in Clie) uniti a quelli ottenuti da Hubble hanno permesso ai ricercatori svizzeri di studiare nel dettaglio la violenta, nebbiosa e decisamente turbolenta atmosfera di HD189733b. I venti soffiano a oltre 1000 chilometri orari
l’esopianeta HD189733b è davvero un pianeta infernale. Almeno così lo definiscono i ricercatori che hanno pubblicato due studi rispettivamente su Astronomy & Astrophysics e Astrophysical Journal Letters. Gli astronomi dell’Università di Ginevra e di Berna (in Svizzera) sono riusciti a misurare con straordinaria precisione la temperatura di questo gioviano caldo utilizzando due approcci diversi: il primo si basa sui dati raccolti con lo spettrografo HARPS e il secondo sull’interpretazione delle tracce di sodio nell’atmosfera.
Gli esperti sono arrivati a una conclusione che ha del sorprendente: la parte più alta dell’atmosfera di HD189733b raggiunge i 3000° C (1700° C in quella bassa) e i venti soffiano a più di 1000 chilometri l’ora (a volte si arriva anche a 7000 km/h). Non si può dire, quindi, che si tratta di un pianeta “tranquillo”. Scoperto nel 2005 con il metodo del transito, il pianeta è in orbita intorno alla stella HD 189733 A che si trova a 63 anni luce dal Sistema solare in direzione della Nebulosa Manubrio. L’intenso colore blu cobalto potrebbe ingannare, facendo pensare a un pianeta simile alla Terra, dove il colore blu è dato dall’acqua degli oceani. Non è così: in questo caso il colore è dovuto alla sua atmosfera nebbiosa e decisamente turbolenta.
Nell’ambito dello studio PlanetS National Centre of Competence in Research (NCCR), gli esperti hanno analizzato le linee di sodio nello spettro scoprendo che si tratta di un elemento presente nell’atmosfera del pianeta blu misurato poi da HARPS (installato presso l’ESO in Cile).
I ricercatori svizzeri hanno misurato la temperatura del gioviano caldo HD 189733b: l’alta atmosfera raggiunge i 3000° C (abbastanza per fondere il piombo) e la velocità del vento supera i mille chilometri l’ora. I risultati sono stati ottenuti con una tecnica innovativa basandosi sulle tracce di sodio
Gli astronomi sanno che dove c’è un’atmosfera il sodio è la fonte di un segnale chiaramente riconoscibile, di intensità variabile nel momento in cui il pianeta passa davanti alla sua stella (il transito). Questo effetto era stato previsto nel 2000 per essere poi confermato due anni dopo attraverso osservazioni del telescopio NASA/ESA Hubble.
I ricercatori dell’Università di Ginevra hanno avuto l’idea di utilizzare le osservazioni già realizzate dallo spettrometro HARPS per studiare le linee di sodio. Scrutando con attenzione i dati raccolti nel corso di molti anni, Aurélien Wyttenbach, ricercatore presso la Facoltà di Scienze dell’UNIGE, è stato in grado di rilevare variazioni nelle linee di sodio durante i vari transiti di HD189733b davanti alla sua stella madre. Sorprendentemente, l’analisi dei dati HARPS (il più potente cacciatore di pianeti sulla Terra) ha prodotto dati simili, in termini di sensibilità, a quelli del telescopio spaziale Hubble, ma migliori in termini di risoluzione spettrale.
A Berna, invece, il professor Kevin Heng ha sviluppato una nuova tecnica per interpretare le variazioni nelle linee di sodio, rimpiazzando un modello computerizzato molto sofisticato e complesso con un insieme di formule semplici, che prendono in considerazione variazioni di temperatura, densità e pressione dell’atmosfera. Il pianeta era già noto agli studiosi perché orbita 13 volte più vicino alla sua stella madre che Mercurio attorno al Sole, completando un’orbita in soli 2,2 giorni. Gli ultimi risultati sono entusiasmanti perché mettono in evidenza quante informazioni possiamo ricavare da un mondo lontano anche con tecnologie limitate e metodi di osservazione semplici.
Per saperne di più:
Leggi QUI lo studio: “Spectrally resolved detection of sodium in the atmosphere of HD189733b with the HARPS spectrograph”, di A. Wyttenbach, D. Ehrenreich, C. Lovis, S. Udry, F. Pepe
Fonte: Media.inaf.it