Pesano le etichette attaccate alle spalle delle persone. Col tempo diventano trappole da cui non ci si libera più.
La mia schiena dice che sono una ragazza strana, asociale, controcorrente, una ragazza da sempre e per sempre secchiona, una con pochi grilli per la testa, dalla media del 9, che se ne va in giro con un libro nella borsa, una che sembra avere un po' la puzza sotto il naso. Più o meno le mie etichette dicono la verità, ammesso che una verità esista. Sono strana, non posso negarlo. Sono stata la prima della classe dalla prima elementare al quinto liceo. Tengo sempre un libro nella borsa, è vero, adesso c'è “Lettere Luterane” di Pasolini. Sulla puzza sotto il naso non sono d'accordo però, il mio essere un po' schiva, riservata, è più timidezza che puzza sotto il naso.
A volte avrei pagato per essere una qualunque: una con una media tirata tirata del 6 oppure una secchiona coi fiocchi, con grandi sogni e voglia di arrivare.
Io non sono stata una secchiona coi fiocchi. Io studiavo perché mi piaceva, per passione, per costruirmi un futuro migliore o quantomeno come lo volevo io, studiavo perché non volevo essere presa in giro da chi ne sapeva più di me. Studiavo per me principalmente, non perché volessi 9 sulla pagella, non per sentirmi elogiare ai colloqui, non per sentirmi meglio degli altri. Non credo d'essere stata una secchiona stronza, passavo tutto a tutti, un po' per solidarietà, un po' perché tanto copiare serviva solo per avere un voto e un voto è niente, un po' perché avrei voluto essere ricordata dagli altri per qualcosa di più importante della mia media.
Alla fine del liceo ho smesso di studiare. L'ho fatto perché non avevo le idee chiare su quale fosse davvero la cosa che mi piacesse di più al mondo, perché ero stanca e avevo bisogno di riposarmi, perché avevo voglia di dimostrare a me e al resto del mondo che ero più di una media del 9, più di un 10 a matematica, più dei miei temi che vincevano i concorsi letterari. Io avrei soltanto voluto che gli altri vedessero in me una normale, con i suoi dubbi, con i suoi dolori, con i suoi amori.
Ho smesso di studiare perché mi sentivo oppressa da tutto e tutti, perché ero stufa di essere il cavallo vincente, perché avevo paura di non esserlo più.
Mi hanno insultato tutti, ma proprio tutti. Mi sono autoinsultata. Mi autoinsulto ancora, perché è evidente che razionalmente io sono stata una cretina. Mi hanno insultata quelli che di me conoscevano solo i voti, mi hanno insultata i miei genitori ansiosi di piangere il giorno della mia laurea, mi hanno insultato gli amici, i parenti, i cugini, i miei professori che hanno speso tempo e chiacchiere con una persona che credevano sarebbe potuta andare lontano.
Ma dove sta scritto che per essere felici bisogna andare lontano? E se io, ex secchiona, volessi solo una vita semplice e tranquilla? Se io non volessi fare l'ingegnere o il medico, se non volessi finire in nessun laboratorio straniero a ricercare cose strane, ci sarebbe davvero qualcosa di male?
Sia ben chiaro, a me non essere andata all'università dispiace tanto. Mi dispiace innanzitutto per me e poi per il mio prof di matematica del liceo, che è stato un mezzo padre in grado di capirmi fino in fondo molto più di quello vero. Ecco, questa mia scelta assurda e irrazionale non la capisce nemmeno lui. E allora mi fa pensare. Il fatto è anche che non è proprio una passeggiata avere 20 anni oggi. Non abbiamo garanzie per il futuro. Probabilmente la laurea sarà solo un pezzo di carta da attaccare al muro. Questa realtà mi angoscia e non mi fa venire voglia di aprire i libri e spendere per loro tempo, denaro, impegno.
Progetti per il futuro: trovare un lavoretto che non mi prenda troppo tempo in modo da riuscire anche a studiare. Potrei lavorare e iscrivermi a Storia o Matematica (se fossi colta da un improvviso coraggio che generalmente scarseggia in me) senza frequentare. Matematica senza frequentare sarebbe un suicidio, lo so. Va bene, vada per la concretezza della storia allora. Studierei ancora per passione così, sapendo che alla fine la laurea non mi darà un lavoro, ma mi riempirà dentro, perché in fondo in fondo io sono un'ex secchiona che nella forza della cultura ci crede.