Un “Fiore del male” (2)

Creato il 12 marzo 2010 da Maurizio Lorenzi

Un “Fiore del male”
Lettera aperta al noto attore/regista Michele Placido
Non inizierò questa lettera aperta con i soliti complimenti per le sue performance o per le doti artistiche evidenziate negli anni; inizierò semplicemente così, come la vorrà leggere, in un misto tra stima, “professionale affetto” e un pizzico di delusione nei confronti di un uomo che spesso ha indossato i panni degli italiani veri e dell’Italia tutta.
Non me ne voglia, signor Michele, se da queste poche righe a lei rivolte, ne scaturirà una qualcosa di poco gradito ma, mi creda, ci sono cose su cui è necessario riflettere e su cui non si può dire:”è solo arte”.
Si, lo so che lei di arte cinematografica potrebbe sostenere lezioni di livello universitario ma dare vita al “Fiore del male”, alle gesta di uno dei più sanguinari criminali a cui l’Italia ha dato i natali, è a mio avviso un insulto all’arte stessa e al concetto di rispetto e buon gusto nei confronti dell’Italia e degli Italiani.
Perchè gentile signor Placido, lei potrà anche sostenere che il cinema è soprattutto l’arte di raccontare l’uomo nelle sue mille sfaccettature ma sa bene anche come l’arte di raccontare gli uomini dovrebbe innanzitutto passare dalla capacità di raccontarli con oggettiva prospettiva e non con romantica faziosità.
Un “Fiore del Male”, così come l’omonimo libro, racconta le storie di un criminale dalla parte di un criminale, sul quale pendono 260 anni di onorabile carcere e questo non lo racconto io ma i quintali di carta scritti sui fatti commessi da chi, impropriamente, lei ha definito un “Robin Hood”.
Raccontare di un “Robin Hood” avrebbe forse un senso, raccontare di un individuo come il “Bel Renè”, mi creda, è tutt’altra cosa.
Lei si è affannato a rispondere a certe critiche rassicurando la platea che non sarà un film che santificherà la figura dell’ergastolano Vallanzasca, mi dovrà poi anche spiegare come potremo crederci se la sceneggiatura liberamente si ispira al libro autobiografico scritto dalla mano di un assassino a cui non basterebbero 4 vite per espiare, in base alla legge, ciò che veramente ha commesso.
Mi chiedo inoltre come un Comune, quello di Milano, abbia potuto finanziare un così ambizioso progetto sulla base di quello scritto, un Comune che ancora, a mio avviso, dovrebbe costituirsi parte civile nei confronti del “”"signor”"” Vallanzasca per tutte quelle persone, Milanesi, a cui ha negato con la sua “preziosa opera” la vita….e non certamente celebrarlo con un film.
Quanti soldi per un progetto come “Il Fiore del Male” verranno stanziati ?
Per raccontare chi ? e come ?
Come si può raccontare una storia o le tante storie legate al “Bel Renè” senza parlare con i familiari delle vittime, senza passare dalla cronaca, considerando solo le parole scritte, e grammaticalmente correte da qualcun altro, di un assassino?
Come può sostenere, signor Placido, rispetto per le vittime e i loro familiari con queste premesse ?
Cosa sta insegnando alla sua bellissima e bravissima figlia Violante ?
Che l’arte del cinema, di cui lei è detentore, si basa sulla speculazione della storia e dell’altrui dolore ?
Probabilmente l’hanno fatto in tanti, è vero, ma chi viene colpito da vicino come noi Poliziotti, dalla produzione cinematografica di queste storie, non sempre può tacere e accettare.
Raccontare i Poliziotti forse rende meno, raccontare, ad esempio, tanto per rimanere a Milano, della figura di Luigi Calabresi, sarebbe scomodo, probabilmente.
Raccontare le luci, le ombre, il dolore, la paura di un “colpevole” come Luigi Calabresi renderebbe troppo poco e produrre un film su di lui, darebbe fastidio, davvero tanto fastidio, ai soliti “ben pensanti” che certamente preferiscono le malefatte di un “Bel Renè” a quelle mai davvero accertate di un Commissario di Polizia.
Signor Placido lei lo sa chi sono Bruno Lucchesi, Renato Barborini, Luigi D’Andrea e Giovanni Ripani ?
Sono quattro colleghi, suoi EX colleghi tra le altre cose, morti per mano del suo amico e attualmente collega Renato; gente che non ha visto i propri figli crescere e sposarsi, che non ha visto i primi passi dei nipotini, persone che hanno interrotto il loro cammino di vita per colpa della stessa mano che ha scritto la sceneggiatura che lei sta portando davanti alla cinepresa e che ogni volta stringe quando vi incontrate sul Set.
Sig. Placido crede davvero che esista Robin Hood ?
Io si, ci credo, ma andrei a cercarlo a Notthingam e non in una delle tante carceri italiane…. e di certo non si chiama Renato Vallanzasca.

Un cordiale Saluto
Un Poliziotto
Un suo EX collega

Michele Rinelli - Poliziotto – febbraio 2010


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