Un gelido inverno (Winter's Bone). Recensione

Creato il 04 marzo 2011 da Ognimaledettopost
Un gelido inverno (Winter’s Bone) di Debra Granik con Jennifer Lawrence, John Hawkes, Lauren Sweetser, Kevin Breznahan Drammatico, 100 min., Usa, 2010
La diciassettenne Ree si occupa dei fratelli più piccoli: li lava, li nutre e si prende cura di loro in tutto e per tutto. Insegna loro anche a sparare, nel caso ce ne fosse bisogno. Del resto i tre vivono in una zona montuosa del Missouri tanto boscosa quanto inospitale. In più Ree ha una madre catatonica, incapace di tutto, che si è allontanata mentalmente da una realtà troppo dura e cruda per poter essere accettata. Questo anche perché il padre di Ree è stato incarcerato con l’accusa di fabbricare clandestinamente anfetamine.
I veri problemi (come se questi non bastassero) iniziano quando il padre di Ree usa la casa di famiglia come cauzione per uscire dal carcere, salvo far perdere le sue tracce appena libero. Ree, che deve portare “la baracca” (è il caso di dirlo) avanti da sola, pensa in un primo momento di arruolarsi per il fronte, magari per pagare con i 40mila dollari che le spetterebbero i debiti del padre. Ma poi, naufragata l’ipotesi, dovrà fare i conti con una deadline sempre più incombente. Come potrà scongiurare il pericolo dell’esproprio? Dovrà dimostrare che il padre è morto.
Il film di Debra Granik ha almeno due pregi. Il primo. È costato solo 2 milioni di dollari. Quindi, se si conta che per Toy Story 3 ne sono stati spesi 200 e per Inception 160, il fatto che Winter’s Bone abbia concorso con loro per l’Oscar come miglior film è un risultato veramente notevole. Il secondo. La storia, tratta dall’omonimo romanzo di Daniel Woodrell (edito da Fanucci), si sviluppa nel centro degli Usa e ha il merito di farci vedere l’altra faccia del sogno americano, quella dove la popolazione white trash, povera e scarsamente scolarizzata, tira avanti in baracche e zone desolate grazie all’aiuto delle droghe più disparate. Per il resto le parole sono poche, la disperazione e l’omertà toccano vette inimmaginabili. Ma tutto questo sembra non bastare.
Il film scorre sìma senza alcun guizzo. E, a dispetto dell’ostentato pragmatismo, senza quel pugno ben assestato che aspettiamo colpisca la bocca del nostro stomaco. La recitazione di Jennifer Lawrence, poi, sembra forzata. È dunque difficile poter credere a questa ragazzina, resa fin troppo granitica dalla sceneggiatura di Anne Rosellini. E allora la mente ritorna a Frozen River di Courtney Hunt dove una madre, ben più titubante e per questo credibile, aiuta i clandestini ad entrare negli Stati Uniti. Quello, sì, un vero pugno nello stomaco.
Voto: 7,5 su 10
(Film visionato il 2 marzo 2011)

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