Un giardino pieno di lavanda

Da Lucas
Stamani sono stato dall'analista. Come sempre, quando esco mi sento sollevato e dubbioso. Certo mi fa bene parlare di me, scavare a fondo, passare il filo interdentale tra i miei ricordi; ma al contempo, ogni volta che torno nel mondo mi chiedo se faccio bene a scrostare la ruggine del passato nella perenne insicurezza di far tornare a lucido il proprio io. Mah. E poi ottanta più ottanta più ottanta fanno duecentoquaranta euro che dalle mie mani son transitate in quelle del dottore... un altro motivo di leggerezza.Oggi però quando sono uscito dallo studio, oltre che leggero e dubbioso, mi sono sentito anche turbato. Il dottore mi ha chiesto di indagare sul vero perché la mia ex ragazza (della quale ero veramente innamorato, gli ho detto) mi lasciò. Son passati dieci anni (o undici?) ormai e da allora non ci siam più visti né sentiti. Non so più né dove abiti, né cosa faccia. So che si sposò di lì a poco la fine della nostra storia, che ebbe una figlia e che si trasferì in una cittadina di un'altra regione. Tempo fa, quando mi iscrissi a facebook ho persino cercato, per curiosità, se anche lei vi fosse: ma col suo nome e cognome ce ne sono a decine di iscritte e la maggior parte tutte senza foto e quelle che ce l'hanno non sono lei.Per carità, dopo due anni terribili di solitudine e amarezza mi sono ripreso anch'io: ho conosciuto la mia attuale compagna e con lei sono andato a vivere, da innamorati. Stiamo ancora insieme, l'amore è un po' più flebile, come spesso capita, ma ci vogliamo ancora bene. Alla mia ex non ho più pensato se non nella seduta di oggi, dall'analista. Non so perché gliene abbia parlato, m'è venuto così, ricordando certi momenti felici della mia giovinezza, soprattutto il mio primo vero e proprio ritorno nell'utero, nella casa dalla quale probabilmente uscii poco contento, appena nato. Beh, sì: fu questa la prima impressione chiara e distinta quando misi il mio pene dentro di lei dissi: casa, sono a casa, da qui non esco più. E infatti. Dopo un'ora di andirivieni, dottore, la mia ex ragazza piangeva e io con lei di gioia e forse anche di stanchezza ma io no, io non venni, ero lì dentro come un bambino dentro la pancia della madre che sguazzava senza nessuna voglia di uscire fuori. La madre era lei in quel momento? Boh, dottore, mi spieghi un po'. Siete stati bene insieme nei due anni? Benissimo, incredibilmente. E perché secondo lei la sua ex la lasciò? Beh, credo che s'innamorò di un altro ma non me l'ha mai detto, me l'ha sempre nascosto; anzi fino all'ultimo abbiamo fatto l'amore con partecipazione e gioia. Nell'unica occasione che ebbi quando lei mi disse che non voleva più stare con me, le domandai le ragioni e lei stette in silenzio, sempre. Le chiesi anche cosa c'era che in me non andava più e lei mi disse, lo ricordo bene, niente. E io mi tirai in disparte ricco di questo niente, come una speranza, per paura di soffrire ulteriormente, forse.Beh, adesso cerchi di scoprire le ragioni. Sarà difficile, non so proprio dove trovarla dottore.
Oggi pomeriggio, mentre stavo rimettendo a posto un po' il ripostiglio in cerca di un fascicolo sui Latitudinari, ho trovato il mio vecchio cellulare nokia. L'ho messo subito in carica e, dopo un po', l'ho acceso e sono andato subito a vederne la rubrica interna. Ho scorso i nomi dei miei contatti, vecchi compagni d'università, colleghi, professori, amici, tante persone con cui ora non ho più contatti. Scorro ancora, eccola, è il suo numero. Il cuore batte. Prendo nota e con il mio attuale telefonino chiamo.- Pronto Claudia?- Sì, chi parla?- Ciao, sono Carlo. Scusami se ti disturbo.- Beh, disturbo no, ma cosa vuoi?- Niente di particolare. Vorrei sapere una cosa veloce veloce. Puoi parlare, restare un secondo al telefono?- Sì ma veloce che devo andare a prendere mia figlia al corso di chitarra.- Sì, sì un attimo solo. Per ragioni... mie personali... sai sto andando dall'analista perché vorrei conoscermi meglio, sapere chi sono, insomma tutte queste storie, insomma...- Fai in fretta.- Sì, lo so, dieci anni. È che ho ritrovato per caso il mio vecchio cellulare dove c'era il tuo numero...- Sbrigati.- Sì, insomma, l'analista ti dicevo, io vorrei sapere... insomma: perché mi hai lasciato?- Ascolta, ho fretta. Il passato è passato. Punto, fine. Io ho la mia vita, tu la tua. Non facciamo tante storie.- Sì, lo so hai ragione, ma ti prego, per motivi, di salute mia, te non c'entri, dimmi ti prego la verità, dimmi perché mi lasciasti, ti prego, è l'analista che lo vuole sapere.- Ma perché vuoi farti del male? Ché sei diventato un masochista?- No, non è per me ripeto, cioè, si, no insomma, ormai non ti sogno nemmeno più, non mi disturbi nemmeno più la notte, non ti penso, è solo per sapere...- Ti lasciai perché l'ultimo mese che siamo stati insieme avevi sempre l'alito cattivo e puzzavi di sudore.- E non me lo potevi dire allora?- Beh, ti amavo. Cercavo di dirtelo... delicatamente... ti ricordi? Ti chiedevo di non fumare, di lavarti spesso i denti prima di baciarmi, ti compravo Fahreneit di Christian Dior a litri eccetera?- E non funzionava?- No, non funzionava. E io non ne potevo più. Dovetti cambiare aria, cambiare bocca da baciare, cazzo da succhiare.- Sempre fine sei eh? Ma perché, cazzo appunto, non me lo dicesti chiaro chiaro tondo tondo?- Perché ti amavo e non volevo ferirti. E poi, una delle ultime nostre sere per me in apnea, incontrai colui che poi ho sposato. Un pompiere in servizio di leva che mi trovò esausta e boccheggiante su una panchina davanti casa dopo che mi avevi riportato dai miei. Oh, è tardi. Bisogna che scappi. Scusami e, addio.- Sì, addio.
E ora, cosa gli racconto all'analista? Che puzzavo? Sì ma prima devo chiedere a Lidia se ha mai notato la cosa. Parrebbe di no, son sei anni che stiamo insieme. Anche i miei amici più intimi, i miei colleghi non hanno mai fatto cenno di alcunché. Non ho mai visto nessuno tenersi a distanza al mio passaggio o durante una mia conversazione. Chissà di cosa puzzavo mai e perché. Forse ci sono, ho trovato. A forza di stare dentro di lei e di starci bene, mi ero come rivestito di una leggera immaginaria patina di liquido amniotico che, quand'ero fuori di lei, cominciava a corrompersi e a deperire. Ero come un pulcino ancora invischiato nella sua fica-uovo e non sapevo e non volevo uscire fuori dal guscio ma restare lì, a metà strada, tra la casa e la vita fuori di casa.Ecco, dottore, ecco perché mi lasciò: voleva farmi uscir fuori di lei, voleva farmi nascere, diventare uomo, e si sa, una volta usciti, normalmente, la prima cosa che si fa è piangere. E io piansi, oh se piansi. E cominciai a scrivere versi, a scrivere storie, a cercare una casa con delle finestre, una luce, e un giardino pieno di lavanda.P.S.Trattasi di una storia “credibile”, beninteso. Ogni riferimento a fatti o persone è.... fate voi. Ah, dimenticavo: molta ispirazione me l'ha data questo post di Wildestwoman.

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