Ho da poco terminato questo libro che avevo trafugato dalla pila di romanzi regalati a mia sorella per il suo compleanno. Ammetto che l’ho iniziato con un po’ di pregiudizi dovuti a vari motivi: ne avevo sentito straparlare (chi lo osannava e chi lo bocciava); ne avevano fatto un film (con Anne Hathaway che non apprezzo molto, ma ne riparleremo dopo che lo avrò visto); è di David Nicholls di cui non avevo particolarmente adorato Le domande di Brian (trovate qui un accenno alla trama). Mi sono totalmente dovuta ricredere: è davvero un BEL libro! Era dalle vacanze di natale in cui ho letto Hotel New Hampshire di John Irving che non mi sentivo così coinvolta nella narrazione.
La storia è molto semplice: racconta la vita di due amici, Emma e Dexter, che, tra vicende alterne, riescono a restare in contatto dalla laurea ai quarant’anni, scoprendo di essere indispensabili l’uno all’altra. L’espediente narrativo è davvero interessante: Nicholls narra un ventennio di vita di questi giovani, dagli anni ottanta agli anni duemila, raccontando solo le vicende di un giorno all’anno, il 15 luglio, san Swithin per gli inglesi, creando una grande tensione narrativa. San Swithin è il giorno in cui Em e Dex si conoscono, si amano, si lasciano, si fanno una vita con altri, si ritrovano, si sostengono. Questa non è la solita storia d’amore da libro, è una storia comune, di quelle che capitano a tutti noi: storia di quotidianità, di lavoro non trovato, di problemi finanziari, di amori sbagliati o non capiti, di tradimenti, di figli, di traguardi sfiorati, di tragedie… è storia di vita, semplice e complicata com’è la nostra. Per questo motivo si instaura empatia con i personaggi, ci si immedesima, si gioisce e ci si addolora. Io mi sono sentita Emma Morley per tutte le pagine di questo meraviglioso romanzo e un po’ di questo struggente personaggio mi è rimasto dentro, così come il suo sincero amore per Dexter Mayhew.
E se un libro ti lascia qualcosa dentro significa che è un bel libro…