Ci sono giorni nella vita in cui non succede niente, giorni che passano senza nulla da ricordare, senza lasciare una traccia, quasi non si fossero vissuti. A pensarci bene, i più sono giorni così e solo quando il numero di quelli che ci restano si fa chiaramente più limitato, capita di chiedersi come sia stato possibile lasciarne passare, distrattamente, tantissimi. Ma siamo fatti così: solo dopo si apprezza il prima e solo quando qualcosa è nel passato ci si rende meglio conto di come sarebbe averlo nel presente. Ma non c'è più.
Il 10 settembre 2001 per me e son certo non solo per me, fu un giorno di questo tipo: un giorno di cui non ricordo assolutamente nulla. Peccato. Perchè per me, per tutti noi - anche per quelli che ancora oggi si rifiutano di crederlo -, quel giorno fu particolarissimo, uno di cui avremmo dovuto, coscientemente, gustare ogni momento.
Fu l'ultimo giorno della nostra vita di prima: prima dell'11 settembre, prima delle Torri Gemelle, della nuova barbarie, della limitazione delle nostre libertà, prima della grande intolleranza, della guerra tecnologica, dei massacri di prigionieri e di civili innocenti, prima della grande ipocrisia, del conformismo, dell'indifferenza o, peggio ancora, della rabbia meschina e dell'orgoglio malriposto; l'ultimo giorno prima che la nostra fantasia in volo verso più amore, più fratellanza, più spirito, più gioia venisse dirottata verso più odio, più discriminazione, più materia, più dolore. Lo so: apparentemente poco o nulla è cambiato nella nostra vita. La sveglia suona alla stessa ora, si fa lo stesso lavoro, nello scompartimento del treno squillano sempre i telefonini ed i giornali continuano ad uscire ogni giorno con la loro dose di mezze bugie e mezze verità. Ma è un illusione, l'illusione di quel momento di silenzio che c'è fra il vedere una grande esplosione in lontananza ed il sentirne poi il botto. L'esplosione c'è stata: enorme, spaventosa. Il botto ci raggiungerà, ci assorderà. Potrebbe anche spazzarci via. Meglio prepararsi in tempo, riflettere prima che si debba correre, anche solo figurativamente, a cercare di salvare i bambini o a prendere qualche ultima cosa da mettere in borsa.
Il mondo è cambiato. Dobbiamo cambiare noi. Innanzitutto non facendo più finta che tutto è come prima, che possiamo continuare a vivere vigliaccamente una vita normale. Con quel che sta succedendo nel mondo la nostra vita non può, non deve, essere normale.
Tiziano Terzani (tratto da "Lettere contro la guerra")