di Giorgio Diritti (Italia, 2013)
con Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Englebert, Sonia Gessner
VOTO: **/5
La trama di Un giorno devi andare, opera terza di Giorgio Diritti, è tutta racchiusa in queste poche righe. Eppure per buona parte del film lo spettatore non ne sa nulla. Vediamo sullo schermo una giovane donna perennemente imbronciata, scontrosa, insofferente, sempre con lo sguardo fisso a terra o perso nel vuot, a scrutare l'immenso e immutabile paesaggio primordiale che le si staglia davanti. Ci aiutano a capire solo le sporadiche 'incursioni' filmiche in territorio italiano, esattamente in Trentino, dove vivono la mamma e la nonna malata, entrambe assistenti laiche di un piccolo convento di montagna.
Anche proseguendo nella visione, infatti, ci si interroga sul significato del film, sperando invano che possa trascendere dalla banalità che ci si presenta davanti agli occhi: il tema del viaggio come metafora di una ricerca di se stessi, di un punto da cui riprendere il cammino della vita, appare abbondantemente superato. Il ritmo è pesante, lentissimo, indigeribile. E anche il pistolotto ecologista no-global (i nativi che, attratti dai posti di lavoro nell'industria promessi dal governo, abbandonano le loro case e il loro mondo) è francamente visto e stravisto. Mancano le emozioni, la potenza evocativa e passionale che invece ci avevano fatto amare, ad esempio, un film come Re della Terra Selvaggia, anch'esso sicuramente imperfetto e per certi versi 'scombinato' eppure ben più trascinante e godibile.
Un giorno devi andare è invece una pellicola vecchia, retorica (specialmente nella parte 'italiana'), dove tutto resta uguale, triste, senza nemmeno un reale motivo. Lo sguardo perduto (l'ennesimo) di Augusta nel finale sulla spiaggia è esattamente il nostro sguardo, reso incerto anche dalla palpebra che resta inesorabilmente abbassata.