Un giorno di pioggia a Venezia, una favola fatta di acqua

Creato il 02 giugno 2014 da Nonsoloturisti @viaggiatori

Sono andata a Venezia per la prima volta in occasione del fine settimana del Primo Maggio. Era la prima città che visitavo una città senza raccogliere informazioni o consigli. Nella mente solo scene di film sdolcinati e una frase: “la città degli innamorati”.

Forse la chiamano così perché, senza automobili, permette di fare lunghe e romantiche passeggiate, avvolti solamente dal rumore dell’acqua che bagna le sue rive. Ma cosa ci fa una cinica, disillusa e pragmatica trentenne nella città degli innamorati? Scopre la vita quotidiana di Venezia!

Appena usciti dalla stazione arriva la piazza e poi… l’acqua. Il canale che scorre tra le case, i bar, i tabaccai, le banche, i negozi. Se da studenti avete passato anche voi metà delle vostre giornate sul treno, soffermatevi a pensare: quante volte scesi alla vostra fermata e usciti dalla stazione avete visto l’acqua? Quante volte avete preso la barca o il traghetto per raggiungere casa?

Venezia non è solo la città degli innamorati, è la città delle favole, come quelle che si raccontano ai bambini. Un luogo dove l’impiegato, il commerciante, l’operaio, il medico rientrano a casa galleggiando. In cui, al posto del garage, le famiglie hanno la rimessa per la barca. In cui sotto l’uscio di casa scorre l’acqua.

Il tempo che avevo a disposzione per visitare Venezia non era molto. Mi sono concentrata sulla sua essenza, sulle sue viuzze, anzi, scusate… i suoi calli (a Venezia non esistono vie). Alcuni sono talmente stretti da permettere il passaggio di una sola persona, purché sia in forma!

Una sottile pioggerellina ha accompagnato tutta la camminata verso le tappe obbligate della città, il Ponte di Rialto e Piazza San Marco. Durante il percorso ho incontrato il caratteristico mercato del pesce che al suo interno ospita anche esibizioni dal vivo di vari musicisti. Comprare una bella spigola allietati dalle regali note di un violino? Anche questo è Venezia.

L’approdo a Piazza San Marco è mozzafiato. Un concentrato di architettura, natura e operosità (impossibile non essere attratti dall’imponenza delle navi da crociera che stazionano nei poco lontane) in meno di 200 metri di lunghezza. Poi la pioggia comincia a farsi insistente, ma ritornando verso la stazione trovo il miglior rifugio possibile.

Un localino di non più di dieci metri quadrati con un bancone, una tenda all’esterno e una botte di vino al posto del tavolino. Due giovani fiòli veneziani al banco, tanta gente del posto a sorseggiare bicchieri di vino e i panini più gustosi che io abbia mai assaggiato.

Con solo un euro è stato possibile degustare la merenda più caratteristica dei pomeriggi veneziani: un bicchierino di ombra – come loro chiamano il vino – e un panino farcito con uno dei peccaminosi abbinamenti proposti: carciofini e pancetta, speck e formaggio, mortadella e peperoni, lardo e funghetti.

Con il palato soddisfatto e i capelli un po’ umidicci, saluto i miei estemporanei amici di merenda e proseguo verso la stazione, ma la pioggia è intensa e il mio treno sta per partire. Chiudo l’ombrello, metto il cappuccio e faccio la corsa più impantanata della mia vita. Una cascata d’acqua invade l’interno delle scarpe, che fino a quel momento avevano fatto la loro porca e asciutta figura.

Chissenefrega delle scarpe bagnate, dei capelli increspati, dei jeans impantanati, dei calzini messi ad asciugare sul treno del ritorno. L’acqua è il simbolo di Venezia, è la sua anima. La pioggia è stato il suo saluto ad una scettica turista, che pensava di approdare in un film romantico e che invece si è ritrovata nella realtà più fiabesca che ci sia.

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