L’ibisco viola è il suo primo romanzo, dopo vari racconti pubblicati sul New Yorker e sulla rivista Granta, è stato selezionato per partecipare all’Orange Prize nel 2003 ed è risultato vincitore del Commonwealth Writer’s Best First Book Prize del 2003.
Ngozi Adichie è di origine Ibo della Nigeria Orientale, una parte della popolazione che ha subito una dura sconfitta nella guerra civile. Nella cultura e nell’organizzazione sociale degli Ibo la donna è del tutto subalterna all’uomo.
Ne L’ibisco viola si racconta il postcolonialismo e le trasformazioni civili e politiche che la società nigeriana sta vivendo in questi anni di enorme cambiamento.
Kambili, la voce narrante, è una ragazzina di quindici anni che vive nella città di Enugu, a poca distanza dalla città universitaria di Nsukka. Il padre è un uomo potente e ricco, proprietario di fabbriche e dello Standard, l’unico giornale indipendente della Nigeria, che, a un immagine sociale di integrità morale e generosità verso i più deboli, mostra, nel privato, il volto del potere autoritario e assoluto. La sua volontà si manifesta nella disposizione di governare ogni singolo atto, di organizzare ogni singolo momento dei componenti della sua famiglia: la moglie, Beatrice, il figlio Jaja, la figlia Kambili. Religioso fino al fanatismo, impone alla famiglia le sue regole di vita e di pensiero che nessuno può trasgredire.
In questo clima familiare vivono, districandosi tra sentimenti di amore e sottomissione per il padre padrone, Kambili e suo fratello Jaja.
Un altro genere di famiglia è quello della sorella del padre, la zia Ifeoma, che è vedova e mantiene decorosamente (con il suo stipendio, non sempre pagato, di docente universitaria) la famiglia composta dalla figlia di quindici anni Amaka e dai due figli maschi, Obiora e Chima, di poco più giovani. L’aria che si respira in questa casa è quella dell’allegria, dello stare insieme, del poter ognuno esprimere i propri sentimenti, desideri, pensieri in libertà. Tutto è in un gioioso disordine che però funziona.
In una visita alla zia e ai cugini, Kambili e Jaja scoprono un altro modo mettersi in relazione con gli altri e da lì comincerà il loro processo di comprensione, di maturazione e di ribellione: “A casa tutto cominciò a crollare quando mio fratello Jaja non andò a fare la comunione e Papà scagliò il suo pesante messale attraverso la stanza e ruppe le statuine delle vetrina.”
L’ibisco viola del titolo è una pianta che zia Ifeoma coltiva in via sperimentale: raro, profumato di libertà… Una libertà che significa poter essere, poter fare.
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