Un incontro di infinita tenerezza

Creato il 14 febbraio 2013 da Libereditor

Ad Amsterdam un pittore cammina sul Prinsengracht. Va a disegnare una ragazza morta. I pittori possono raffigurare quello che vogliono e se realizzano qualcosa così com’è nella realtà, percepibile con i loro occhi, definiscono il risultato pittura dal vero.
Il pittore è diretto a dipingere dal vero una ragazza morta.
Particolare nella sua situazione non è il fatto che sia morta, ma che sia stata legata a un palo e strangolata, “finché la morte, questa morte, era sopraggiunta alla fine di una cerimonia non del tutto impeccabile, purtroppo”.
Il pittore segue l’ansa a nord del Prinsengracht, che termina sulle banchine dell’IJ. Da lì ha intenzione di prendere una barca.
Il tempo è bello e perfetto per disegnare all’aperto. La maggior parte degli abitanti di Amsterdam che lo vede passare, un po’ curvo, lo riconosce. Per chi lo riconosce è quell’artista invecchiato e triste, non più tanto di moda. E’ Rembrandt, si è lui. Pare stia lavorando a “La sposa ebrea”, una delle sue prove più estreme e toccanti, un grande inno all’amore.
La vita, l’amore e la morte sono i temi su cui Margriet De Moor costruisce la sua storia sul senso dell’arte in cui il tempo è di secondaria importanza.
La meraviglia è nell’osservare ogni singolo istante, è catturare l’eternità attraverso un momento.
L’incontro tra il pittore e la ragazza è silenzioso, ma vivissimo e toccante, di infinita tenerezza. La scrittura di Margriet de Moor è sensibile, ricca di partecipazione e comprensione. Entra nella mente e nel cuore creando un rapporto empatico con chi legge.

Margriet de Moor, Il pittore e la ragazza, traduzione di Claudia Cozzi, Neri Pozza 2013.


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