Intervista a Luigi Filippini – CEO e fondatore di Meridies
di Alessandro Ligas
Alle startup serve far parte di un ecosistema dove ci si può confrontare e lavorare insieme in un contesto molto avanzato (Luigi Filippini)
Lo scrittore latino del III secolo Gaio Giulio Solino narra, nella sua opera “De Mirabilus Mundi”, che la città di Caralis venne fondata dall’eroe greco Aristeo, figlio del dio Apollo e della ninfa Cirene, giunto in Sardegna dalla Beozia. Mentre nel “De Bello Gildonico” il poeta Claudiano dice che il capoluogo della Sardegna, Krly, è stato fondato (nel VII sec. A C) dai fenici di Tyros, città dell’attuale Libano. I ritrovamenti degli archeologi però retrodatano al neolitico (6000-3000 A.C.) i primi insediamenti dove sorge l’odierna città di Cagliari e risalgono all’età del Rame (2700 – 2400 A.C.) i ritrovamenti nel colle settentrionale Monte Claro, che testimoniano come Cagliari fosse vissuta ancor prima della dominazione fenicio punica e romana. Cagliari, però, diventa un’autentica città soltanto grazie ai dominatori fenicio-punici, che ne sfruttano la favorevole posizione geografica al centro del Mediterraneo, per renderla un trafficato porto commerciale.
Storie poco note che danno la possibilità di scoprire una città che offre, oltre le sue piazze, i suoi bastioni e la vicinanza a bellissime località balneari, un continuo variare di punti di vista, panorami suggestivi conditi da vicende ed avvenimenti che regalano approcci diversi e stimolanti ai palazzi in stile liberty che disegnano il centro storico.
Cagliari, però, non è soltanto un luogo di vacanze, ma è anche un luogo dove tutti coloro che hanno immaginazione, creatività e voglia di fare hanno le opportunità ed i giusti stimoli per provare a mettere in pratica le loro idee.
Una città che offre un ecosistema dell’innovazione forte in grado di mettere nelle giuste condizioni le idee d’impresa che nascono sia dalla ricerca universitaria sia dalle ricerche ed idee dei singoli. Un luogo che offre spazi di coworking altamente contaminanti e coinvolgenti, opportunità di networking e condivisione di idee e prospettive. Spazi dedicati ai makers ed agli artigiani digitali, ma anche formazione e ricerca di alto livello. Un’isola felice dove vivere, lavorare e stare in relax si sovrappongono.
Unioncamere recentemente ha inserito Cagliari nella top ten delle province che registrano le migliori performance in ambito di startup innovative. 72 sono le nuove aziende iscritte nel registro delle startup innovative a pari merito con Padova. Milano è la provincia più innovativa con 470 giovani aziende che rappresentano il 14,7% di tutte le startup innovative italiane.
Nel territorio Sardo, emerge una nuova voglia quella di fare impresa che parla un linguaggio diverso rispetto al passato: ipertecnologico e dinamico.
Cos’è “Meridies“, cosa fa e con che obiettivi nasce? Come è nata?
Meridies è una business development company. La sua missione è quella di facilitare lo sviluppo di imprese. Quindi non solo la creazione di nuove imprese, ma anche il consolidamento e la crescita di aziende già esistenti.
Nasce nel 2000 quando io e altri tre amici e colleghi, con competenze e professionalità molto diverse, abbiamo deciso di metterci insieme per creare nuove iniziative, perlopiù in ambito tecnologico.
Meridies non è un tipico incubatore. C’è un certo numero di aziende in cui abbiamo investito direttamente, molte delle quali hanno degli spazi qui da noi, ad es. Hosteras, Publishday, Diario Sportivo. Ci sono poi delle altre aziende che stanno da noi per il piacere reciproco di lavorare vicino o insieme, ad es. Netsoul, Yansa, JobYourLife. E ci sono anche altre aziende nelle quali abbiamo investito o con cui collaboriamo attivamente che non stanno da noi, a volte non stanno nemmeno a Cagliari, ad es. 6Sicuro, Savurè e tante altre.
La disponibilità di spazi e servizi o di capitali è sicuramente uno dei motivi per collaborare con Meridies, ma non credo che sia il principale. Penso invece che la maggior parte delle startup voglia far parte di un ecosistema dove ci si può confrontare e lavorare insieme in un contesto molto avanzato.
Aprire una startup comporta dei rischi, quante aziende che avete ospitato non ce l’hanno fatta e perchè?
Ci sono tanti motivi per cui una startup non ce la fa. A volte può dipendere dal mercato, dal contesto, da tanti motivi, ma alla fine quando una startup non ce la fa è perché i fondatori non sono all’altezza. Quelli bravi anche in condizioni avverse riescono a fare pivoting e cambiare strada prima che sia troppo tardi oppure sono abbastanza testardi da tenere duro finché l’azienda non decolla.
Ad una startup conviene nascere in Italia? Ed a Cagliari?
Il fattore ambientale secondo me conta poco. Ci sono svantaggi e vantaggi ovunque e più o meno si compensano, il mercato e la globalizzazione tendono ad annullare le grandi differenze. La realtà è che un’idea stupida o una scarsa implementazione sono tali anche se sei nella Silicon Valley, e viceversa ovviamente…
Che caratteristica deve avere un’idea/progetto per essere “vincente”?
Naturalmente non c’è una ricetta magica. Personalmente credo che le idee in se valgano poco, è facile immaginare che si potrebbe mandare un razzo sulla luna, più difficile invece mandarcelo per davvero. I progetti sono già più utili, ma non è facile farli in ambiti molto innovativi. Quanti utenti mi devo aspettare da un servizio di pagine personali? 1.000? 1.000.000? Facebook ne ha più di un miliardo, non credo che nel progetto iniziale lo avessero previsto.
La caratteristica, veramente fondamentale, che un progetto di successo deve avere è la possibilità di scalare, di crescere molto senza che i costi e la complessità crescano in proporzione.
Che difficoltà si hanno nel costruire una nuova impresa e come si superano
Le difficoltà sono tante e sono sempre diverse. Si possono fare 100 startup e ogni volta è una storia diversa. L’abilità sta nell’accorgersi dei problemi e riuscire a risolverli prima che siano troppo grandi.
Quante aziende sono riuscite a rendersi autonome da Meridies?
Energit è l’esempio più significativo, da presentazione powerpoint a 100 milioni di euro di fatturato in 7 anni. Ma anche tante altre, come ad esempio Abclex, sono oggi completamente autonome.
Quanto tempo impiega un’azienda a rendersi indipendente da chi la finanzia?
Dipende molto dal tipo di attività, ma diciamo che dopo 3 anni si devono vedere dei risultati significativi. A volte si può decidere di rimandare il break-even per continuare a favorire la crescita, ma ci devono essere dei segnali inequivocabili che la società “ce la può fare”.
Diciamo poi che non si è bambini per sempre, dopo qualche anno si deve crescere e camminare da soli e dimostrare che cosa si sa fare.
Storicamente in Italia il sistema di finanziamento all’impresa non si è mai sviluppato, come mai?
Non so se sia veramente così. Certo può sembrare paradossale che oggi sia più facile trovare un milione di euro per sviluppare un servizio internet che 10.000 euro per aprire una pizzeria. Ma in realtà sono finanziamenti che provengono da canali diversi: i fondi di venture capital, che sono di fatto operatori moderni e globalizzati, e le banche, operatori locali e non troppo dinamici.
Quindi forse è il sistema delle banche che storicamente in Italia non si è mai sviluppato bene.
Che tipo di rapporto avete con i venture capitalist e con il sistema di finanziamento alle startup?
Meridies ha investito e collabora con diversi fondi di venture capital, ad es. United Ventures e Insec/SI2. L’obiettivo è quello di mantenere una rete internazionale di contatti, consentire alle varie startup di confrontarsi con realtà diverse e soprattutto avere un canale privilegiato nel caso in cui la loro crescita richieda ulteriori e più ingenti capitali.
Quali sono le tre principali azioni che dovrebbero attuare le istituzioni per supportare lo sviluppo delle startup?
La prima cosa da fare secondo me dovrebbe essere quella di eliminare o ridurre notevolmente le sovvenzioni pubbliche alle startup e convertirle in sgravi fiscali e contributivi. Ci deve essere una selezione naturale, solo le startup di successo devono andare avanti. Le sovvenzioni alla singola azienda creano distorsioni, alzano i costi e finiscono per premiare chi sa partecipare ai bandi pubblici piuttosto che invece premiare chi sa fare un’azienda o ha delle competenze o idee innovative. Gli sgravi, ad esempio zero tasse e contributi per tre anni, premierebbero solo chi veramente crea valore.
Allo stesso tempo però occorrerebbe investire in maniera importante nella formazione e nella ricerca. Le startup di successo nascono dalla competenza dei loro fondatori e non sono in grado, almeno inizialmente, di investire molto in ricerca che quindi va finanziata con soldi pubblici.
Come ultima cosa bisognerebbe sviluppare le infrastrutture. Non solo quelle più tecnologiche, fibra ottica, larga banda ecc., ma anche strade, ferrovie, linee elettriche. Le startup più “leggere” hanno bisogno di tanta banda, ma ce ne sono altre che hanno invece bisogno di energia o di trasportare materie prime o prodotti finiti e i costi per queste cose in Italia sono altissimi.
Cosa vuol dire per voi innovare?
Ci sono tanti modi di innovare, si può creare un nuovo prodotto ad esempio, ma credo che il grosso dell’innovazione oggi sia nel processo. Ovvero trovare nuovi modi, grazie a nuove tecnologie o nuovi paradigmi, per fornire i soliti prodotti. Un conto, se ti piace una canzone, è comprare un 45 giri in vinile, un altro è scaricare il brano da iTunes, un altro ancora è ascoltarlo in streaming su Spotify. Il prodotto/servizio è lo stesso, la modalità di fruizione è simile, ma il processo che porta il prodotto al cliente finale, la distribuzione, il sistema di royalties che ci sta dietro è totalmente diverso.
In un “tweet” cosa consiglia a chi vuol fare impresa?
Pensaci bene, fatti dei conti, trova dei partner, ma poi #buttatisubito
La ringrazio
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